Si è tenuta oggi la terza udienza dell’azione legale intentata nel dicembre 2021 da 203 ricorrenti (tra cui individui, minori e associazioni) contro lo Stato italiano, per la mancanza di politiche volte a fermare la crisi climatica secondo le indicazioni della scienza del clima. Lo Stato è accusato di condotta illecita a partire dalla violazione degli Accordi Internazionali firmati dall’Italia, al mancato rispetto del diritto umano a un clima stabile e sicuro. Le richieste al giudice sono semplici: “Dichiarare che lo Stato italiano è responsabile della situazione di pericolo derivante dalla sua inerzia nel contrasto all’emergenza climatica” e “condannare lo Stato ad abbattere le emissioni di gas serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.”
Giudizio Universale non è solamente una causa legale: attorno ad essa ruota un’intera campagna di attivismo coordinata dall’Associazione A Sud che comprende comunicazione, sensibilizzazione e azioni di protesta. Non è l’unica azione legale legata alla crisi climatica in Italia. Lo scorso maggio, Greenpeace, Re-Common e 12 cittadine e cittadini italiani hanno intentato una causa civile a ENI “per i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui ENI ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni”. Anche quest’azione legale è accompagnata da una campagna di azioni sul territorio chiamata #LaGiustaCausa. La richiesta principale è la revisione del piano industriale di ENI per una sostanziale riduzione delle sue emissioni di gas serra.
Nel mondo la lista delle azioni legali per il clima cresce a vista d’occhio: secondo il Global Climate Litigation Report del 2023, fino a dicembre 2022 sono state intentate 2180 cause di questo tipo. La rinascita del movimento per il clima nel 2018 ha sicuramente contribuito alla crescita di questa pratica, che nel 2017 contava solo 884 cause. Nel frattempo, le fonti legali sul diritto alla giustizia climatica si arricchiscono, e ci sono anche state delle vittorie molto significative. Ad esempio nell'aprile del 2021 la Corte Costituzionale tedesca ha decretato che la legge sul clima della Germania, con i suoi obiettivi al 2030 poco ambiziosi, violava i diritti delle nuove generazioni. Anche in Italia ci sono state evoluzioni a livello costituzionale, con l’aggiunta della "tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli animali" negli articoli 9 e 41. Questo però non segna una vittoria netta per quanto riguarda la legislazione sul clima.
Le leggi sull’ambiente e le cause ad esso legate sono diverse da ciò che riguarda invece il clima. Secondo l’avvocato Luca Saltalamacchia, uno dei patrocinanti di Giudizio Universale, “si fa molta confusione tra questioni ambientali e questioni climatiche e si tende a rappresentare le questioni climatiche come una specie di più ampio genere delle questioni ambientali”, ma sono due tipi di casistica completamente distinte. “Il disastro ambientale è sempre circoscritto nello spazio e nel tempo, c’è una causa specifica per esempio lo sversamento di petrolio da parte di una petroliera”, spiega il legale. Ci sono casi di successo famosissimi, uno tra tutti quello di Erin Brokovich legato allo sversamento in acqua degli scarichi industriali, che però non possono fungere da base per i casi legati al clima. “Invece il disastro climatico deriva dall’accumulo storico delle emissioni a cui contribuiamo tutti quanti – continua Saltalamacchia – In realtà non c’è una localizzazione nello spazio, perché sono tutte le emissioni prodotte da centinaia di anni dappertutto nel mondo e non c’è una collocazione nel tempo, il disastro climatico è fuori dalle coordinate spazio temporali.”.
La natura globale dei contenziosi climatici porta spesso a una dinamica di “scarica-barile” da parte dei convenuti in giudizio, che, nell’esperienza di Saltalamacchia, prontamente rispondono alle accuse dicendo che, se anche loro azzerassero le loro emissioni, ci sarebbe qualcun altro che continua a inquinare. Secondo l’Avvocato Saltalamacchia, il respiro internazionale della questione climatica complica il lavoro degli avvocati: “Anche le categorie giuridiche che noi utilizziamo devono necessariamente fare i conti con il problema globale perché siamo costretti noi a ragionare come se fosse un fenomeno nuovo, che non ha una normativa adeguata. Noi avvocati siamo costretti a lottare con delle armi spuntate che sono previste per altre tipologie di problemi.”.
Ciò non significa però che queste azioni legali siano poco utili o superficiali. Le imprese chiamate in causa sono costrette a sedersi al tavolo con i legali a parlare del loro impatto climatico e del fatto che con il loro approccio “business as usual”, stanno compromettendo i diritti di altri soggetti. È un modo di chiedere conto alle aziende o alle istituzioni di quello che fanno. Inoltre questi contenziosi toccano diverse cause della crisi climatica. Già solo tra le cinque grandi azioni legali della Rete Legalità e Clima, di cui l’avvocato Saltalamacchia fa parte, ce n'è una contro gli allevamenti intensivi di Cremonini e Veronesi e una contro Stellantis per l’estrazione di cobalto nelle miniere nella Repubblica Democratica del Congo. Nonostante siano ancora pendenti, le cause hanno già superato il vaglio di ammissibilità, che già permetterà di approfondire questi casi, di creare dibattito e, potenzialmente, vedere un’evoluzione nel panorama legale connesso al clima.
In generale, le azioni legali sul clima portano principalmente tre benefici alla lotta per il clima. Il primo è legato ai potenziali risultati: una sentenza può costringere uno Stato, un ente o un’azienda ad agire diversamente. Il secondo è sempre legato alle sentenze, che possono dimostrare che la legge va nella direzione della protezione del clima e dell’ambiente come elementi fondamentali della vita dei cittadini e delle cittadine. Il terzo invece consiste nella possibilità di dare vita a un momento di riflessione collettiva che segnala un problema e fa discutere grazie al semplice lancio dell’iniziativa. Se si dimostra, a prescindere dalla sentenza finale, che la difesa del clima è sempre di più considerata un diritto, la percezione della popolazione e dei decisori politici nei confronti della lotta al cambiamento climatico può cambiare. Per quanto un mondo in cui l’ambiente e il clima vengono tutelati perché è semplicemente giusto farlo sarebbe ideale, realisticamente le persone si attivano se sentono che una violazione di un diritto riguarda loro personalmente. Le emozioni, le reazioni e le risposte della cittadinanza possono contribuire a un cambio di paradigma fondamentale sia per l’evoluzione degli strumenti legali, sia per l’azione climatica in sé.