Come individuare e gestire il Long Covid: la guida di buone pratiche dell’Iss
L'Istituto superiore di Sanità ha pubblicato una guida con le buone pratiche da seguire per la gestione dei casi di Long Covid, la sindrome che colpisce molti dei pazienti guariti dalla malattia ma che continuano a presentare sintomi e fastidi anche mesi dopo la negativizzazione.
L'elenco di azioni da mettere in campo è stato stilato in base ai risultati del progetto Ccm "Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell'infezione Covid-19 (Long-Covid)", finanziato dal ministero della Salute e coordinato dall'Iss.
A 3 anni dall'inizio della pandemia da Sars-CoV-2 – spiega l'Iss – "appare ormai chiaro che per un numero importante di persone colpite da Covid-19 le manifestazioni cliniche non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta sintomatica, ma possono prolungarsi con un eterogeneo complesso di manifestazioni cliniche subacute e croniche denominate Long Covid, che precludono un pieno ritorno al precedente stato di salute. Da qui la necessità di indicazioni per la gestione dei pazienti, che possano contribuire a standardizzare le attività dei centri clinici sul territorio nazionale".
Nelle diverse sezioni del testo, spiega ancora l'Iss, "sono riportati quesiti clinici che ci si è proposti di affrontare, con la finalità di migliorare la pratica clinica e la qualità delle cure offerte al paziente con Long Covid".
Tra le domande presenti, quella dedicata a chi deve valutare il paziente con sospetto condizioni di Long Covid. Secondo l'Iss è il "Medico di Medicina Generale (MMG) o il Pediatra di Libera Scelta (PLS) a rappresentare le figure che per prime valutano il paziente", specificando che "nei pazienti con precedente ospedalizzazione per Covid-19 può essere prevista una valutazione di screening per i sintomi Long Covid svolta dal medico di medicina generale o pediatra o in centri specialistici. Visite e procedure diagnostiche successive vengono programmate secondo le necessità cliniche del paziente".
Il testo specifica anche che "dovrebbero ricevere una valutazione per il Long Covid tutti i pazienti in cui l'infezione è stato causa di ospedalizzazione. Tale valutazione dovrebbe essere effettuata a 4-6 settimane dalla dimissione". In coloro che non sono stati ricoverati, particolare attenzione va data ai pazienti con fragilità o cronicità complesse. "I segni o sintomi, presenti sia singolarmente che frequentemente in associazione, da considerare dovrebbero essere quelli a maggiore prevalenza nella sindrome Long Covid (astenia, tosse, dispnea, cefalea, disturbi del sonno, confusione mentale, difficoltà di concentrazione, brain fog, anoressia, anosmia-disosmia, ageusia-disgeusia, mialgie, palpitazioni, dolori articolari, ansia, sintomi depressivi, dolore toracico, faringodinia, rash cutaneo, sintomi gastrointestinali, xerostomia), ma non dovrebbero essere trascurati sintomi più rari o atipici, particolarmente nella popolazione anziana ed in quella pediatrica".
Nel documento viene infatti sottolineato che "dovrebbe essere prestata attenzione ad assenza o riduzione di rendimento nell’ambito lavorativo o scolastico e alla riduzione delle interazioni sociali. Il Long Covid rappresenta una diagnosi di esclusione che può essere posta solo una volta considerate ed escluse le complicazioni legate a patologie di diversa eziologia".