Matteo Messina Denaro

Come ha fatto Messina Denaro a proteggere la sua latitanza: parla il procuratore che ha arrestato il boss

“Francesco Messina Denaro era stato un importante esponente di Cosa Nostra trapanese. Suo figlio Matteo era cresciuto in quell’ambiente e sapeva di essere destinato a un ruolo da capo”: a Fanpage.it il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia spiega che boss era Matteo Messina Denaro.
A cura di Giorgia Venturini
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Il Procuratore di Palermo Maurizio De Lucia
Il Procuratore di Palermo Maurizio De Lucia
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In Procura a Palermo il 16 gennaio a comunicare l'arresto di Matteo Messina Denaro è stato il colonnello del Ros Lucio Arcidiacono con una chiamata al Procuratore Maurizio De Lucia. "L'abbiamo preso!". Pochi secondi dopo De Lucia abbraccia il procuratore aggiunto Paolo Guido, l'uomo che dal 2017 ha dato la caccia al boss di Castelvetrano azzerando nel corso degli anni la rete di fiancheggiatori. Nell'ultima sua operazione nel settembre del 2022 Hesperia a Campobello di Mazara e nelle zone limitrofe erano state arrestate 35 persone. Era questione di tempo. Poi il biglietto trovato il 6 dicembre a casa della sorella di Matteo Messina Denaro aveva avviato le indagini che hanno poi portato all'arresto del super latitante a metà gennaio. Il 25 settembre il boss è morto all'ospedale de L'Aquila.

Sulle pareti del corridoio in Procura ci sono le foto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sorridono, sono complici. Avrebbero anche loro festeggiato la mattina dell'arresto. Qui la loro eredità si sente: il loro metodo di lavoro continua negli uffici dei procuratori di oggi. Ma quanto lavoro c'è dietro a un arresto simile? Che boss era Matteo Messina Denaro? "Lui è il capo. Lo ha fatto trasparire bene negli interrogatori che abbiamo avuto con lui", spiega a Fanpage.it il procuratore De Lucia, autore insieme al giornalista Salvo Palazzolo del libro La Cattura-I misteri di Matteo Messina Denaro e la mafia che cambia.

Che famiglia è quella di Matteo Messina Denaro? Il suo destino era già segnato?

Matteo Messina Denaro era un capo allevato per essere un capo. Suo padre, Francesco Messina Denaro, era stato un importante esponente di Cosa Nostra trapanese: era morto in latitanza in circostanze particolari perché il corpo fu fatto trovare pronto per la sepoltura. Quasi una sfida allo Stato in cui lui ne era uscito vincitore.

Il figlio era cresciuto in quell'ambiente e sapeva di essere destinato a un ruolo da capo. Tanto è vero che ci sono relazioni speciali sue con il capo di Cosa Nostra Totò Riina. Da un lato ha acquisito le conoscenze che servono a diventare capo dall'altro, sapendo qual era il suo destino, aveva creato intorno a sé un alone di leggenda rafforzato dal fatto che era un imprendibile da decenni. Lui era un capo ed era il più bravo di tutti. Questo lo faceva trasparire sia negli interrogatori che abbiamo avuto con lui sia nei libri e nei film che conservava nella sua abitazione, nel suo covo.

Dopotutto in Cosa Nostra contano i ruoli e lui aveva una discendenza di sangue importante. Conta anche il carisma e a lui non mancava. Questo lo faceva sentire più importante degli altri.

Matteo Messina Denaro si vantava di non chiedere pizzo. Chi finanziava la sua latitanza?

Il tema dell'assistenza che ha avuto nel corso dei 30 anni di latitanza è un tema molto complesso che stiamo cercando di ricostruire nel dettaglio siccome sono stati commessi reati. Il nostro scopo è quello di ricostruire quanto accaduto, arrestare i responsabili e processarli.

Non dobbiamo dimenticarci che Cosa Nostra trapanese ha la caratteristica di non essere predatoria sul territorio: sia per Francesco Messina Denaro che per il figlio Matteo il pizzo non si chiedeva perché il pizzo creava disagio nei confronti della popolazione. I boss di Castelvetrano avevano deciso invece di coinvestire beni provenienti da attività illecite con gli affari degli imprenditori del territorio: questo era il metodo Messina Denaro. In molte attività economiche del trapanese accanto all'imprenditore pulito ci sono gli interessi e fondi mafiosi provenienti dal boss. Questo bagaglio di beni ha consentito poi a Matteo Messina Denaro di finanziare la sua latitanza.

Il boss ha potuto contare anche su una rete di fiancheggiatori. Chi sono?

La cerchia più ristretta attorno a Matteo Messina Denaro è nota perché sono sotto processo ma c'è ragionevolmente altra gente che lo ha concretamente aiutato.

In questi territori c'è un problema culturale perché in piccoli centri come Campobello di Mazara o Castelvetrano è impensabile che una figura che spunta dal nulla non comporti della domande tra i cittadini. Si può dire che molti sapevano chi fosse ma facevano finta di nulla. Non sempre questo implica una condanna di tipo penale ma dal punto di vista civile è un fenomeno che deve destare preoccupazione.

Durante l'interrogatorio che ha avuto con lui in carcere Matteo Messina Denaro ha svelato la sua strategia che gli ha permesso di nascondersi per anni appellandosi a un proverbio ebreo: "Se vuoi nascondere un albero piantalo in una foresta". Che cosa voleva dire?

Matteo Messina Denaro ha detto una cosa vera. Proprio perché a volte la strategia migliore per nascondere un bene è quella di esibirlo: è questo lui ha fatto. Lo ha fatto in un contesto però particolare perché gli altri alberi sapevano che tra di loro c'era un albero anomalo, ma tutti guardavano verso obiettivi diversi da lui.

Matteo Messina Denaro si accredita come particolarmente intelligente per questo suo modo di vivere ma è chiaro che attorno a lui c'è una parte di popolazione indifferente, una parte complice e una parte fortemente intimidita perché il nome di Matteo Messina Denaro in Sicilia, e in particolare nel Trapanese, faceva paura.

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