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Opinioni

Come fai, sbagli: le solite lezioni colpevolizzanti contro le donne vittime di violenza

Giulia Cecchettin è l’ennesima vittima di femminicidio nel 2023. Già quando si sperava che fosse ancora viva, troppi commenti, pur in buona fede, finivano per colpevolizzare il suo comportamento: ma in una società sbagliata, dal patriarcato strutturale, ogni scelta femminile è un rischio.
A cura di Roberta Covelli
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Quando la cronaca consegna fatti terribili, come il femminicidio di Giulia Cecchettin, fatta sparire nei giorni scorsi dal suo ex fidanzato, Filippo Turetta, arriva spesso la lezione alle donne. Con le migliori intenzioni, con i più limpidi propositi, ecco arrivare i consigli di buonsenso, postumi, che in quanto tali hanno l'ombra del giudizio, della colpevolizzazione della vittima: non concedete l'ultimo appuntamento, smettete di frequentare uomini violenti, riconoscete i primi segnali.

Il problema è che, nella realtà, come fai sbagli.

Se non sei interessata e usi perifrasi, dovresti parlargli con chiarezza.

Se non sei interessata e lo dici chiaramente, che stronza, gli spezzi il cuore.

Se continui a vederlo, lo illudi che ci sia ancora speranza.

Se tagli i ponti, lo fai soffrire per il distacco.

Se ignori battute sessiste, su, un po’ di orgoglio, legittimi la mancanza di rispetto.

Se reagisci alle battute sessiste, ma come sei pesante, fattela una risata.

Se conservi le relazioni che avevi prima di lui, non gli dai abbastanza attenzioni, lo fai ingelosire.

Se lui diventa la tua unica relazione, non puoi farti terra bruciata intorno.

Se hai meno successo di lui, vuoi fare la mantenuta, sei una zavorra.

Se hai più successo di lui, lo fai sentire inadeguato, vuoi umiliarlo.

Se il violento sembra violento, te lo sei proprio cercato.

Se il violento sembra un bravo ragazzo, devi averlo fatto esasperare.

Se riconosci i segnali di violenza, ma dai, su, non esagerare.

Se non riconosci i segnali di violenza, come hai fatto a non accorgertene?!

Se lo denunci, gli rovini la vita.

Se non lo denunci, avresti dovuto cercare aiuto.

Se scappi, ti comporti da preda.

Se resti, ti comporti da preda.

Il problema è che come fai sbagli, in una società sbagliata.

In una società giusta, al contrario, ogni persona dovrebbe sapere che la relazione si basa sul consenso. E ogni mancato consenso, ogni rifiuto, è un’eventualità accettabile e da accettare. In una società giusta, il possesso riguarda al più gli oggetti, certo non le persone.

In una società sbagliata, a sentirsi sbagliata è la vittima, anche se a sbagliare è il carnefice.

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Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
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