Come evitare tragedie come l’alluvione nelle Marche: piccole opere, manutenzione e stop al cemento
Almeno 12 morti, una donna ancora dispersa, centinaia di sfollati e danni per decine di milioni di euro.
A tre settimane dall'alluvione che ha investito il nord delle Marche, in particolar modo le provincie di Ancona e Pesaro-Urbino, il bilancio è pesantissimo. Da 20 giorni nelle case si continua a spalare fango, mentre i soccorritori proseguono le ricerche di Brunella Chiù, 56 anni, unica persona ancora dispersa.
Nel frattempo la Procura di Ancona – che sta indagando per inondazione colposa e omicidio colposo plurimo – ha acquisito la documentazione necessaria ad appurare eventuali responsabilità. In attesa che vengano effettuati tutti gli accertamenti del caso, tuttavia, è già possibile ipotizzare cosa non ha funzionato nella manutenzione del territorio, partendo da una premessa: solo negli ultimi 8 anni si sono verificate due alluvioni.
Fanpage.it ha intervistato la dottoressa Agnese Turchi, alluvionata senigalliese ma soprattutto laureata in pianificazione territoriale e ricercatrice specializzata in analisi e gestione sostenibile del rischio geoambientale, con focus sul rischio idrogeologico, vulcanico, sismico e tsunami.
Nelle aree interessate dalla perturbazione del 15 settembre si sono ripetutamente registrate vittime a causa delle esondazioni dei fiumi: era già avvenuto ad esempio nel 2014. Cosa è stato fatto nel frattempo per mitigare il rischio di nuove alluvioni?
Partiamo dal presupposto che non ho informazioni omogenee su quanto sia stato realizzato, in questi otto anni, nel bacino idrogeologico del fiume Misa. Da quello che so, nel territorio del comune di Senigallia da una decina di anni a questa parte sono stati eseguiti interventi di rifacimento e consolidamento degli argini. Sono state svolte operazioni di manutenzione inerenti la cosiddetta "pulizia" del corso fluviale dalla vegetazione in eccesso, ma a cadenza affatto regolare. Rispetto a quest'ultimo tipo di operazioni ci sarebbe molto di cui discutere; per esempio, comincerei con il parlare di "gestione della vegetazione ripariale sostenibile" e non di "pulizia". Pulire il fiume, ma da cosa? Io pulisco il fiume dagli inquinanti e/o dalla spazzatura presente, non dalla vegetazione.
È un errore pulire i fiumi dalla vegetazione?
L'ecosistema fluviale è molto complesso e la vegetazione ripariale non è che una parte importante; in quanto tale va gestita, affinché possa essere risorsa e non elemento critico in concomitanza di eventi meteorici intensi e/o addirittura eccezionali. In numerose occasioni si è assistito ad un'eliminazione massiccia (se non totale, in alcuni tratti) della vegetazione arborea, arbustiva ed erbacea. Sappiamo però che interventi sulla vegetazione, se svolti in maniera scorretta, possono avere forti ripercussioni in termini di dissesto idrogeologico (es. instabilità delle sponde, erosione) oltre che ecologiche. È il motivo per cui è auspicabile agire con tagli selettivi, limitando la recisione a contesti specifici ed il taglio raso a motivi di sicurezza.
In relazione all’alluvione di tre settimane fa si parla molto del blocco dei lavori per la realizzazione delle casse d’espansione alla foce del fiume Misa, cioè a Senigallia. Come stanno le cose?
Sull'annosa questione delle casse di espansione idraulica potremmo scrivere un trattato. Teniamo presente che il primo progetto, redatto da Aquater s.r.l., risale al 1982; seguono una serie di varianti, di cui l'ultima è in fase di realizzazione da aprile 2022. Siamo di fronte a lungaggini burocratiche di durata più che trentennale… Rispetto al progetto approvato vi sono moltissime criticità di tipo tecnico.
Ad esempio?
Essendo urbanista-pianificatore ed occupandomi di ricerca in quest'ambito, mi limito a rilevare le criticità legate alla localizzazione, alla capacità di contenimento delle acque e alla manutenzione negli anni a venire:
- la cassa di espansione idraulica, da progetto, ha una capacità di 800.000 mc circa, nettamente inferiore all'acqua fuoriuscita sia nel 2014 (oltre i 14.000.000 mc) che nel 2022 (circa 18.000.000 mc). Al momento, solo una parte della cassa è in fase di realizzazione. A termine di questa prima fase di lavori, la capacità sarà addirittura inferiore ai 800.000 mc di progetto;
- la cassa è stata localizzata immediatamente a valle di uno dei punti di rottura del fiume (l'argine si è rotto in quello stesso punto sia nel 2014 che nel 2022), precisamente a valle di un meandro, in Località Brugnetto nel Comune di Senigallia. La rottura degli argini è uno degli aspetti che caratterizzano la dinamica fluviale di fiumi come il Misa, determinandone trasformazioni, spesso radicali, della sua morfologia. Pertanto non abbiamo la minima certezza che, a cassa realizzata, quello stesso argine (già ripristinato e consolidato post-alluvione del 2014) rimanga illeso di fronte ad una futura piena;
- la cassa di espansione idraulica è un'opera che funziona se accompagnata da buona e costante manutenzione, che va svolta a cadenza regolare e che necessita di ingenti risorse economiche, organizzative e gestionali. Ricordo che, durante l'alluvione del 2014, il cedimento degli argini in numerosi punti è stato imputata ad una scarsa manutenzione di questi ultimi.
Danni importanti – e soprattutto morti – sono stati registrati molto più a monte del corso d’acqua, ad esempio Barbara, Serra De’ Conti, Corinaldo, Pianello di Ostra. Cosa è stato fatto in quei territori?
Su quanto è stato fatto nei comuni a monte preferisco non esprimermi. Personalmente, ho contezza di ciò che è stato svolto sul territorio comunale di Senigallia in termini di misure di adattamento. Quello che è certo è che lungo tutto il corso fluviale non sono state attuate misure consistenti, né tanto meno "a sistema". Sappiamo che l'unica grande opera in fase di realizzazione è una cassa di espansione idraulica, collocata a 6 chilometri circa dalla foce (nel Comune di Senigallia, ultimo comune, in linea d'aria, dei 17 interessati dal bacino idrogeologico del Misa) in un corso d'acqua di lunghezza complessiva pari a 48 chilometri circa.
E cosa si sarebbe potuto fare, invece?
Quello che molti ricercatori e ricercatrici, esperti ed esperte del settore e persone sufficientemente informate hanno più volte proposto (oltre alla costante gestione e manutenzione del reticolo idrografico e della vegetazione ripariale, alla riduzione drastica del consumo di suolo, alla riduzione delle impermeabilizzazioni di natura antropica, ecc.) è un sistema di piccole casse di espansione idraulica, disseminate da monte a valle e ben localizzate. Le casse di espansione, se ben organizzate, possono essere opere multifunzionali di alto valore naturalistico che, oltre ad attenuare il rischio idraulico e idrogeologico, permettono di svolgere le più disparate attività ricreative e sportive (assumono le sembianze di veri e propri piccoli laghetti).
Le alluvioni vengono agevolate dall’impermeabilizzazione dei suoli. Qual è il livello di consumo di suolo a Senigallia e nelle altre zone alluvionate?
Il livello del consumo di suolo a Senigallia procede indisturbato. I dati ISPRA ci dicono che tra il 2006 e il 2021, solo nel Comune di Senigallia, c'è stato un incremento del 3,59% poiché siamo passati da 1.306 ettari nel 2006 a 1353 ettari nel 2021 (+47 ettari, che corrispondono grossomodo a 67 campi da calcio). Assistiamo di anno in anno a nuove lottizzazioni, soprattutto lungo la linea di costa, prettamente legate ad un'economia turistica e del mercato immobiliare; ma risalendo il corso del fiume, nella piana alluvionale, il territorio non è esente da sempre crescenti impermeabilizzazioni, siano esse correlate a nuove costruzioni a scopo industriale o abitativo, nuove infrastrutture viarie o nuovi servizi a completamento (ad esempio aree a parcheggio).
In un lavoro pubblicato nel 2021, esito di un lavoro di ricerca condotto fra il 2015 ed il 2017 sul bacino del fiume Misa, analizzavo le trasformazioni degli usi del suolo (l'uso è strettamente correlato al tipo di gestione) fra il 1954 ed il 2007. Con quel lavoro volevo dimostrare come l'uso del suolo sia notevolmente cambiato in poco più di cinquant'anni, sia in prossimità delle aree urbane che nel cosiddetto "territorio aperto" (a carattere agro-silvo-pastorale), con consistenti ripercussioni socio-economiche ed ambientali. Queste trasformazioni influiscono drasticamente sulla capacità di assorbimento dell'acqua da parte del terreno, sull'evapotraspirazione ad opera della componente vegetazionale e, non da ultimo, sulla stabilità dei versanti sia nella fascia collinare che montana del bacino.
Quali strategie di adattamento si possono ipotizzare per scongiurare in futuro nuove alluvioni con morti, sfollati e danni per centinaia di milioni di euro?
A mio avviso, le strategie di adattamento ipotizzabili e auspicabili sono:
- Opere di ingegneria idraulica quali casse di espansione multifunzionali e sostenibili, nella forma di piccole vallecole, dislocate lungo tutto il corso del fiume e da attivare gradualmente nel corso dell'evento di piena;
- Opere di ingegneria naturalistica per il consolidamento degli argini del reticolo idrografico e, laddove necessario, all'interno dei micro-bacini per il consolidamento dei versanti instabili onde evitare sbarramenti dei segmenti fluviali;
- Gestione/manutenzione del corso fluviale (pulizia dai detriti e da elementi che possano ostruire il naturale deflusso delle acque) e della vegetazione ripariale (prediligendo tagli selettivi);
- De-impermeabilizzazione delle di aree potenzialmente permeabili o semi-permeabili, laddove possibile, attraverso la rimozione degli strati impermeabili (es. asfalto non poroso, calcestruzzo, ecc.), il dissodamento e la ristrutturazione del profilo del terreno;
- Incentivare variazioni degli usi del suolo agricoli, reintroducendo la coltura promiscua in luogo della monocoltura specializzata a seminativo, evitando fenomeni di erosione accentuata e impoverimento dei suoli;
- Implementare i corridoi ecologici nei territori a vocazione agricola e garantire la corretta manutenzione del sistema di drenaggio delle acque superficiali;
- Gestione/manutenzione delle aree boscate, rimboschimenti laddove necessario.
Nessuno dei precedenti interventi, ormai, può essere a basso costo. Il punto è che, a questo punto della storia, non si deve parlare di interventi singoli ma di interventi a "sistema".