Sono passati 25 anni da quel maledetto 6 maggio 1996. Un quarto di secolo senza verità e giustizia. Ma oggi la svolta appare più che mai vicina. Per questo è fondamentale capire il perché l'assassino di Nada Cella sia uscito dallo stabile di via Marsala con i vestiti sporchi di sangue. Del sangue di Nada.
Le ultime ore di Nada Cella
Come ogni mattina, il 6 maggio 1996, Nada ha accompagnato sua madre a lavoro. Alle 7.10 ha così lasciato la Sig.ra Smaniotto di fronte al municipio di Chiavari ed è tornata a casa a bordo della sua auto.
Arrivata a destinazione, dopo una manciata di minuti, ha recuperato la sua bicicletta e si è recata al panificio Curotto per acquistare tre panini e una pizzetta (come certificato dallo scontrino rinvenuto nella sua borsa).
Quella mattina però Nada andava di fretta. Talmente di fretta da dimenticare il pranzo in panetteria. Dopo l’accensione del suo pc, accertata alle ore 7.51, di lei non sapremo più niente.
Come è stata uccisa Nada
Il corpo di Nada è stato rinvenuto sul pavimento in posizione supina, tra la scrivania e il muro anteriore dell’ufficio.
La ragazza non è riuscita a difendersi perché i colpi l’hanno raggiunta in rapida sequenza. Quando l’assassino l’ha attinta la prima volta, era seduta su di una sedia con le rotelle dietro la sua scrivania.
Il colpo iniziale le è stato inferto sul mento e ne ha determinato la perdita dell’equilibrio. Di conseguenza, la sedia è stata scaraventata all’indietro. E proprio in quel momento Nada ha iniziato a sanguinare.
Una prima macchia di sangue, gocciolatale dal mento, è stata rinvenuta su di una cartellina grigia aperta proprio sulla scrivania.
Dopo la prima aggressione, Nada ha comunque cercato di reagire. Invano. I suoi occhiali, rinvenuti in sede di sopralluogo con le asticelle piegate, sono già sul pavimento. E con essi, dopo essere stata raggiunta da altri colpi, anche lei è stata scaraventata a terra.
A quel punto ha provato nuovamente a difendersi tirando calci al suo assassino. Ma non c’è riuscita e ha perso le scarpe.
La scarpa destra – come si evince dalle foto del sopralluogo – è stata rinvenuta sul lato destro della scrivania con all'interno una traccia ematica. Questa si è formata in conseguenza del sangue rilasciato dall’arma mentre Nada veniva ripetutamente colpita. Dalle foto presenti nel fascicolo della scientifica è stato inoltre possibile evidenziare come le macchie si trovassero soltanto sul lato corto della scrivania. Ciò a conferma del fatto che il resto del sangue è schizzato sul corpo dell’assassino.
L’autopsia sul corpo di Nada
Dall’autopsia emerge tutta la crudeltà dell’offender.
Sul corpo della giovane sono state riscontrate lesioni all’addome, alla coscia e all’ala iliaca sinistra. L’assassino, difatti, ha infierito prendendo Nada a calci e pugni mentre ormai era inerme a terra.
Una furia implacabile. Chino sul corpo di Nada, l'assassino l’ha presa poi per i capelli e ne ha sbattuto plurime volte il viso sul pavimento.Come ha precisato il medico legale, i colpi così ricevuti hanno provocato un grosso ematoma e lesioni cranio-encefaliche.
Le conclusioni del consulente sono avvalorate dalla proiezione delle tracce ematiche sulla parete, dai capelli attaccati al muro e imbrattati di sangue e dal buco trovato sul muro anteriore. Un buco, quest’ultimo, fatto quando l’arma ha impattato sulla parete mentre l’assassino scaraventava la sua furia omicida su Nada.
Le tracce cancellate dalla scena del crimine
La scena del crimine è il documento più importante di ogni incartamento procedimentale. Per questo deve essere adeguatamente salvaguardata e cristallizzata. Ciò non è accaduto nel caso Cella.
Marco Soracco ha accarezzato il volto di Nada prima di allertare i soccorsi e gli operatori della Croce Verde hanno spostato la scrivania, stando a quanto dichiarato, per “agevolare la manovra di inserimento della tavola spinale”.
Ma ad averla compromessa del tutto è stata Marisa Bacchioni. La madre del commercialista, difatti, ha pulito il corridoio, l’ingresso dell’ufficio e le scale dalle macchie di sangue. E si è giustificata con gli inquirenti asserendo di averlo fatto “per evitare che la gente che si era soffermata sulle scale a curiosare vedesse una scena così cruenta”.
La Bacchioni ha pulito fino all’arrivo della Polizia. Dopodiché nessuno ha più fatto accesso alla scena. Ma ormai era già troppo tardi.
La consulenza medico-legale del dottor Maurizio Merlano
Nella consulenza tecnica depositata il 18 marzo 2012, dunque nel secondo filone d’indagine, il dottor Merlano scrive: “La dinamica dell’aggressione è avvenuta in tempi e spazi molto ristretti con la vittima da subito posizionata all’interno dello spazio delimitato dalla scrivania e l’aggressore all’entrata dello stesso”.
Precisa altresì, con riferimento all’eventuale imbrattamento di sangue dell’offender, quanto segue: “ […] La reiterazione dei colpi ha determinato un imbrattamento dell’aggressore in forma di schizzi di sangue raffigurati nelle sedi prospicienti la vittima, vale a dire almeno l’arto utilizzato per maneggiare l’arma, la parte anteriore del tronco, e in parte, gli arti inferiori”.
La fuga dell’assassino e l’arma del delitto
L’arma del delitto non è mai stata ritrovata. Stando alla consulenza in atti del Prof. Canale e del Dott. Castiglione è però verosimile ritenere che si sia trattato di un corpo contundente dotato di spigolo.
Non sappiamo neppure dove l’assassino abbia riposta. Potrebbe averla distrutta o portata con sé.
Un’unica certezza. Stando all’analisi delle macchie di sangue rinvenute sulla scena, l’offender ha sicuramente lasciato lo stabile con i vestiti sporchi di sangue. Del sangue di Nada. Ma attenzione. Solo i vestiti imbrattati. Non le suole delle scarpe.
Difatti, la pozza di sangue – cagionata dall’emorragia venosa – si è formata sotto il corpo della giovane soltanto nei momenti successivi all’aggressione. Questo spiega perché non risultano, almeno dai primi rilievi della scientifica, orme di scarpe sulla scena.
Dopo l’aggressione, l’assassino, si è dato alla fuga. Uscito sul pianerottolo, per scappare dall’edificio, aveva due possibilità: fare le scale o prendere l’ascensore.
Stando alla testimonianza della signora Lavagno, che si trovava nello stabile, avrebbe scelto la prima opzione. La donna ha infatti raccontato agli inquirenti di aver udito una persona scendere di corsa le scale – come se scappasse – e ha aggiunto che in quel momento il portone del palazzo doveva essere aperto poiché non lo aveva sentito sbattere.
Le tracce di sangue sul motorino di Annalucia Cecere
Sulla base di quanto detto, è verosimile ritenere che l’assassino sia uscito dal palazzo di via Marsala sporco del sangue di Nada.
Per capire se quel sangue è finito sul motorino di Annalucia Cecere, e se è stata quest'ultima a macchiarsi di quel terribile delitto, la Procura ha fissato per oggi 16 novembre un accertamento da espletare in contraddittorio. L'obiettivo è quello di ripetere l'esame per accertare la natura ematica di quanto repertato. Se il riscontro sarà positivo, verrà attribuito al Dott. Emiliano Giardina, professore associato dell'Università di Tor Vergata, l'incarico di estrarre il relativo profilo genetico.