Come a Messina la Mafia è riuscita a truffare lo Stato e ottenere i fondi europei per l’agricoltura
Si alimentavano con i fondi sottratti all'agricoltura le famiglie mafiose di Tortorici, paese di pochi abitanti nel Messinese. I Bontempo Scavo e i Baranesi riuscivano a mettere in atto truffe sugli aiuti della Comunità europea servendosi anche dell'ente erogatore italiano, Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA). Un piano studiato nei minimi dettagli dai due gruppi di punta dell'organizzazione criminale siciliana attiva sui monti Nebrodi.
A svelare tutto quello che accadeva è stata l’operazione antimafia "Nebrodi 2" dei carabinieri del Ros, del comando tutela agroalimentare dell’Arma, della Guardia di Finanza e della Squadra Mobile di Messina. A coordinare le indagini è stato il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio della Procura di Messina. L'operazione ha portato all'arresto di 23 persone e al sequestro preventivo di 349 titoli Agea e di 750mila euro trovati nei conti di 8 società.
Per anni le famiglie mafiose presentavano falsi documenti ingannando così Agea e ottenendo i fondi europei messi a disposizione per agricoltori e allevatori. Riuscivano a fare ciò contando su prestanomi e "titoli tossici", ovvero intestando falsamente particelle catastali ad altri proprietari. Ma come avveniva nel dettaglio la truffa? Come riusciva a fare soldi così la mafia?
Come funzionano i fondi europei per l'agricoltura
Come spiegano anche gli atti della Procura, l'Unione Europea sostiene la produzione agricola dei Paesi membri attraverso l'erogazione di aiuti, contributi e premi ai produttori. Le erogazioni vengono finanziate dal FEAGA (Fondo Europeo Agricolo di Garanzia) e dal FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale) per poi essere gestite dagli Stati Membri.
In Italia è Agea (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) a svolgere le funzioni di Organismo di Coordinamento e di Organismo pagatore, che si avvale a sua volta anche di altri enti sul territorio, come i Centri di Assistenza Agricola (CAA) i quali svolgono compiti di supporto alle "domande di ammissione ai benefici comunitari e nazionali su mandato degli imprenditori interessati".
Dall'altra parte invece ogni agricoltore – che intrattiene a qualsiasi titolo rapporti con la Pubblica Amministrazione centrale o locale – è tenuto a costituire il fascicolo aziendale. Ma come vengono erogati gli aiuti?
Secondo la normativa italiana, ciascuna azienda agricola percepisce l'aiuto sulla base dei "titoli" posseduti senza però tenere conto di cosa venga coltivato nei terreni. Le aziende, per ottenere i fondi, devono presentare un elenco di "titoli", ovvero la "cartolarizzazione" e la "patrimonializzazione" del terreno destinato all’attività agricola. In altre parole, all'azienda agricola per ottenere gli aiuti interessa esclusivamente l'estensione della superficie aziendale destinata all'attività agricola. Così spiega la Procura:
Dall'altro, ai fini del pagamento dei contributi comunitari erogati a carico del FEAGA, è necessario, tra le altre condizioni, che gli agricoltori posseggano ed inseriscano in domanda un numero di ettari pari ai titoli posseduti. I titoli inseriti in una domanda d'aiuto ed abbinati ciascuno ad una corrispondente superficie "ammissibile", pertanto, danno diritto a ricevere il pagamento dei citati contributi.
Come faceva la mafia a ottenere gli aiuti
Tutto questo la mafia lo aveva capito bene. Così come aveva capito bene che più "titoli" hai, più fondi ottieni. Le famiglie criminali presentavano così "titoli tossici" di provenienza illecita perché acquisiti fraudolentemente e poi ceduti più volte a terzi soggetti. Tutto a discapito degli imprenditori onesti. Gli investigatori se ne sono accorti analizzando i 349 titoli presentati a Agea.
I Bontempo Scavo e Batanesi agivano in questo modo: gestivano la compravendita di terreni passandoli a un congiunto incensurato. Il prezzo di vendita era di gran lunga superiore a quella di mercato, raggiungendo cifre anche da un milione di euro.
I nuovi proprietari terrieri (spesso quindi vicini ai mafiosi, ma incensurati) – come riporta la Procura – concedevano "in affitto" i terreni a terzi (sempre vicini ad ambienti mafiosi) servendosi di un "usucapione non accertata giudizialmente". In questo modo le cose cambiano: "Di fatto così eludevano le circolari Agea che, per i casi di usucapione di terreni, impongono invece la sussistenza di una sentenza dichiarativa".
Erano i nuovi proprietari terrieri, quindi incensurati, a presentare domanda all'Agea come "allevatori attivi" e titolari di impresa individuale. In questo modo riuscivano a ottenere i fondi europei, in migliaia e migliaia di euro, e a servirsene anche per alimentare l'organizzazione criminale.
In altri casi i gruppi criminali agivano all'insaputa dei proprietari di alcuni terreni e presentavano la domanda dichiarando "la disponibilità di terreni in realtà non corrispondenti agli ettari nell'effettiva disponibilità dell'azienda agricola. (….) Inducevano in errore dirigenti e funzionari dell'Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA ente erogatore dei contributi della Politica Agricola Comune), in ordine alla sussistenza dei requisiti per la concessione dell'aiuto". In altri casi ancora, la mafia si serviva dell'intimidazione sugli agricoltori per ottenere da questi terreni agricoli da destinare al pascolo.
L'affare d'oro della mafia messinese
Per i magistrati non c'erano dubbi: c'era "un forte interesse della famiglia mafiosa tortoriciana nel settore delle frodi comunitarie nel settore agricolo, al punto che tale tipologia di reato sembra essere diventata, oggi, uno dei principali canali di finanziamento della famiglia stessa".
Questi affari d'oro dalla mafia erano stati accertati anche da diversi collaboratori di giustizia. E ancora: "Gli accertamenti investigativi esperiti nell'ambito del presente procedimento dimostrano un progressivo affinamento della ‘professionalità' nel commettere reati contro l'Unione Europea nel settore dei fondi comunitari agricoli".
Così anche per questa nuova operazione è finita nel mirino ancora la mafia dei monti Nebrodi. Di questo gruppo criminale solo a novembre del 2022 erano stati già condannati 91 membri per una pena di 6oo anni in tutto. Quello che passerà alla storia come il maxi processo "Nebrodi".