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“Cocò ucciso a 3 anni perché aveva riconosciuto gli assassini”

La madre del piccolo ucciso e bruciato in Calabria accusa dal carcere: “Li conosceva per questo lo hanno ucciso”
A cura di Antonio Palma
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"Cocò ha visto gli assassini in faccia e li conosceva per questo lo hanno ucciso" è l'accusa di Antonia Iannicelli, la madre del piccolo Nicola Campolongo di tre anni, ucciso domenica scorsa insieme al nonno e alla compagna di questi. Il piccolo era stato ritrovato bruciato in un auto nei pressi di un casolare nelle campagne di Cassano allo Ionio, nel cosentino. "Li ha visti in faccia e così lo hanno ucciso, vigliacchi" ha dichiarato la donna in un'intervista a La Stampa, chiedendo disperata "Perché? Perché? Perché lo avete fatto? Era solo un bambino". La donna, che attualmente si trova ancora in carcere a Castrovillari come il marito, adesso ha deciso di scappare definitivamente dalla sua terra. "Lascerò la Calabria e ricomincerò a vivere con le mie figlie, lo devo al mio bambino" ha assicurato la donna in attesa della decisione degli arresti domiciliari da parte dei giudici della seconda sezione penale del tribunale di Catanzaro, sottolineando: "Non posso più aspettare, devo prendermi cura delle bambine, hanno bisogno di me come aveva bisogno Cocò".

Intanto continua il lavoro degli inquirenti per trovare gli assassini del bambino, di suo nonno Antonio e della sua compagna. Secondo una prima ricostruzione i tre sono stati visti l'ultima volta giovedì sera nella piazza centrale di Cassano allo Ionio. Secondo gli investigatori è possibile che l'auto su cui viaggiavano sia stata bloccata dai killer mentre i tre tornavano a casa. Gli stessi assassini poi avrebbero rinchiuso il corpo di Iannicelli nel bagagliaio dell’automobile e portato il mezzo vicino al casolare dove è stato ritrovato per incendiarlo. Non è escluso però che Giuseppe doveva incontrare qualcuno per un debito in quel casolare e che pensava che con il nipotino sarebbe stato al riparo dalla violenza. Si sa però che poco prima di allontanarsi dal luogo dell’incendio, gli autori del delitto hanno lasciato sul cofano dell’automobile una moneta da 50 centesimi che, nel linguaggio della criminalità organizzata, significa che la vittima aveva uno scarso valore.

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