Dopo 27 giorni consecutivi di blocco stradale a L’Aia, Extinction Rebellion può cantare vittoria: il parlamento olandese ha adottato una mozione per chiedere al Governo per eliminare progressivamente i sussidi ai combustibili fossili. A inizio settembre SOMO, Oil Change International and Milieudefensie aveva pubblicato un report che svela che il Governo olandese sostiene ancora l’industria del fossile con sconti fiscali ed esenzioni che ammontano a quasi 40 miliardi di euro all’anno, da qui la mobilitazione del movimento che chiede di agire per fermare la crisi climatica.
Il 9 settembre è così iniziato un blocco stradale permanente sullo sbocco dell’autostrada A12 a L’Aia. L’azione di disobbedienza civile è diventata subito una protesta di massa, con migliaia di persone sull’autostrada e manifestazioni di solidarietà nei dintorni. Abbiamo visto bambini e anziani, gruppi confessionali di base e orchestre intere, partecipare alla mobilitazione.
Quelli di settembre non erano i primi blocchi di Extinction Rebellion Olanda sulla A12, le prime azioni risalgono infatti a luglio 2022. Ma nel momento in cui la disobbedienza civile è diventata un’azione di massa, ci è voluto solo un mese per influenzare profondamente le decisioni politiche del Parlamento. Così è arrivata l'approvazione di una mozione arrivata dal partito verde (Groenlinks) e da un partito di centro (D66), con la quale la Camera ha chiesto ufficialmente al Governo di iniziare un phase-out dai sussidi pubblici al fossile. Ed Extinction Rebellion ha dichiarato: “La disobbedienza civile funziona.”
Ma allora perché in altri Paesi non sortisce l’effetto desiderato? Probabilmente perché la dimensione della protesta e la sua continuità, hanno distinto nettamente il blocco dell’A12 olandese dal resto delle azioni di disobbedienza civile. Certo, secondo le stime di XR ci sono stati 9000 arresti in totale, ma considerando che ogni giorno i blocchi accoglievano decine di migliaia di persone, la cifra rimane molto bassa.
La stessa polizia olandese era contraria alla repressione degli attivisti, considerandola uno spreco di forze dovuto a una questione di orgoglio politico. Non era fisicamente possibile continuare a rimuovere il blocco con le risorse messe in campo: i manifestanti erano diventati ingovernabili e il gioco non valeva più la candela. L’attenzione mediatica sulla questione ha sicuramente contribuito, rilanciando l’azione e amplificando le richieste del movimento per il clima.
Anche le elezioni europee in avvicinamento potrebbero aver motivato le scelte della Camera olandese; in fondo sull’A12 c’erano potenziali elettori, come ce ne erano nelle manifestazioni di solidarietà, come ce ne erano tra i cittadini bloccati in autostrada dall’azione. Va tenuto in considerazione anche il ritorno in patria dell’ormai ex Vice Presidente della Commissione Europea Frans Timmermans, grande sostenitore del Green Deal Europeo. Timmermans è stato eletto leader della coalizione di centrosinistra dei verdi e dei laburisti, che al momento sta riscuotendo degli ottimi risultati nei sondaggi, trovandosi notevolmente vicina al VVD, il partito di centrodestra del premier uscente Mark Rutte.
Ma a prescindere dagli scenari partitici olandesi, l’impatto di un mese di blocco stradale di migliaia di persone è innegabile. Potrebbe inaugurare una nuova strategia europea di disobbedienza civile, che mette al centro la collaborazione tra gruppi e non i singoli movimenti, la dimensione di comunità e non il singolo attivista, la tutela della collettività e non solamente l’impatto mediatico immediato, ma soprattutto sembra utile . Se in Olanda ha avuto, perché non dovrebbe accadere altrove?