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Classifica mondiale libertà di stampa: Italia al 57° posto

Il nostro Paese risale quattro posizioni rispetto all’anno scorso, ma è ancora penalizzato dalle “leggi bavaglio” e dal reato di diffamazione.
A cura di Davide Falcioni
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Reporters Without Borders (Reporters San

Pubblicato l'annuale dossier sulla libertà di stampa di Reporter senza Frontiere. Si confermano in testa Finlandia, Olanda e Norvegia. L'Italia solo cinquantasettesima (4 posizioni meglio del 2012) e alle spalle, tra gli altri, di Paesi come Botswana e Niger. Il Belpaese, in particolare paga il fatto che "la diffamazione deve essere ancora depenalizzata e si fa un pericoloso uso delle leggi bavaglio".

Ultime, come accadde l'anno scorso, Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea. Spiega  il segretario generale di RSF, Christophe Deloire: "L’arrivo di Kim Jong-un a capo del cosiddetto Hermit Kingdom non ha in alcun modo modificato il controllo assoluto del regime sulle notizie e sull’informazione in genere. L’Eritrea, recentemente scossa da una breve ribellione dei soldati che hanno tentato di prendere il controllo del Ministero dell’Informazione, continua a essere una grande prigione a cielo aperto per il suo popolo e a lasciare i suoi giornalisti morire in carcere. Il regime turkmeno, infine, nonostante il suo discorso riformista, non ha ceduto di un millimetro per quanto riguarda il suo controllo totalitario dei media".

“La Classifica della Libertà di Stampa 2013   pubblicata da Reporter  senza frontiere – spiega l'organizzazione – non prende in considerazione diretta il tipo di sistema politico; risulta chiaro tuttavia che le democrazie offrono una migliore protezione alla libertà al fine di produrre e far circolare notizie e informazioni accurate, rispetto ai Paesi dove i diritti umani vengono spesso sbeffeggiati. Nelle dittature, gli organi di informazione e le famiglie dei rispettivi staff sono esposti a rappresaglie spietate, mentre nelle democrazie i media devono fare i conti con le crisi economiche del settore e i conflitti di interesse. Le loro situazioni non sono sempre confrontabili, ma dovremmo ad ogni modo rendere omaggio a tutti coloro i quali resistono alla pressione, sia essa aggressivamente concentrata, individuale o generalizzata.”

Ancora una volta i Paesi nordici hanno dimostrato di essere i più sensibili alla causa della libera informazione, mentre nelle grandi potenze economiche molti media pagano, evidentemente, la convergenza con specifici interessi economici e politici. Se l'Italia si piazza al 57° posto, non brillano certamente neppure il 32° posto degli Stati Uniti, il 37° della Francia, il 53° del Giappone e il 112° di Israele (-20 posizioni rispetto all'anno scorso), colpevole di perseguitare i giornalisti palestinesi.

Interessanti i dati dei Paesi protagonisti della Primavera Araba, dove i media non hanno potuto apprezzare importanti miglioramenti: "Alcuni dei nuovi governi generati da questi movimenti di protesta – spiega il dossier – si sono rivoltati contro i giornalisti e gli internauti che si sono occupati delle richieste dei movimenti e delle loro aspirazioni a una maggiore libertà. Con i loro vuoti legislativi, le cariche arbitrarie dei responsabili dei media di Stato, gli attacchi fisici, i processi e la mancanza di trasparenza, la Tunisia (138, -4) e l’Egitto (158, +8) sono rimasti a un deplorevole livello nella classifica e hanno evidenziato gli ostacoli che la Libia (131, +23) dovrebbe evitare al fine di mantenere e proseguire la sua transizione verso una stampa libera". Naturalmente è molto critica anche la situazione siriana (176° in classifica).

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