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Opinioni

Cinque cose da ricordare prima di premere “Invio”

Il confronto online è molto utile, ma può trasformarci nei famosi “Leoni da tastiera”.
A cura di Rita Cantalino
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Forse sono troppo giovane per ricordarmi come era prima che i social network diventassero la piazza virtuale nella quale siamo tutti in mostra. Questo stesso articolo potrebbe essere in realtà una visione parziale perché, appunto, non ho termini di paragone precisi. Sono però abituata da sempre ad avere a che fare con un sacco di persone, a confrontarmi anche con chi ha opinioni molto diverse dalle mie, e più dal vivo che online. È per questo che, nell'agone cibernetico, seguo sempre poche, precise, regole.

1. Non sei Sherlock Holmes. In uno dei divertenti episodi del film “Un sacco bello” Carlo Verdone incarna Ruggero, uno stereotipatissimo figlio dei fiori che, insieme alla fidanzata, è convocato in casa del padre esasperato, e che vorrebbe riportarlo a casa. A un certo punto della discussione, dal nulla e in maniera del tutto non richiesta, la fidanzata di Ruggero interviene dando del fascista al padre. Mario Brega, che interpreta il personaggio, monta su tutte le furie e le risponde con la celebre battuta: “A me fascio? Io fascio? A zoccolè, io mica so' comunista così, sa! So' comunista così!!”. Ecco, ogni volta che decidiamo autonomamente che uno sconosciuto corrisponda all'idea che di lui ci siamo fatti, stiamo facendo la figura Fiorenza, la fricchettona.

Se il barista tifa Juventus, non siamo autorizzati a dire in giro che ha le corna. Della persona con la quale parliamo non sappiamo nient'altro se non quello che leggiamo. Sembra una banalità? Quante volte, da poche parole, pensiamo di aver capito non solo il punto di vista sull'intero mondo del nostro interlocutore, ma anche il suo modo di essere, di pensare, cosa vuole e cosa fa nella vita? Quante volte è capitato di digitare la fatidica domanda: “E tu che fai, invece di criticare?”. Ecco, se fossi Zuckerberg ci creerei un'applicazione, un tasto di risposta automatica. Tu leggi un post di critica a una cosa qualunque, clicchi su commenta e con solo un altro click ti ritrovi lì la risposta: “E tu che fai, invece di criticare?”. Ci si potrebbero fare i miliardi! La domanda potrà apparirci sagace, forse risultare disarmante ma non perché siamo stati più furbi di chi scrive, casomai perché se al ristorante ci chiedono di ordinare e rispondiamo: “Io uso solo lampadine a risparmio energetico”, siamo noi a essere fuori luogo, non il cameriere a mancare di sensibilità per l'ambiente. Quindi, di fronte a un'opinione qualunque, verso cui dissentiamo, il punto è chiedersi sempre: “Sono io in grado di ribattere a quest'elenco di sciocchezze solo in base a quello che leggo, senza che la vita privata reale o supposta di chi scrive debba essere elemento di rilievo nelle mie argomentazioni?”. Se la risposta è no, e se l'unico modo che abbiamo per intervenire in merito è infilando un elenco di offese gratuite, riflettiamoci: forse è meglio tacere e basta. E qualcuno potrebbe fare la stessa cosa per noi.

2. Un'opinione è un'opinione, non un fatto. È molto bello essere fermamente convinti delle proprie idee, ma sfortunatamente questo non basta a renderle reali a prescindere. Succede spessissimo che, nell'agone virtuale che la piazza dei social network costruiscono, siamo portati a esprimere la nostra opinione e a doverla difendere e argomentare nel confronto con chi non la condivide. Tutto molto bello, fino a che a un certo punto non ci facciamo prendere troppo la mano e perdiamo di vista l'origine della discussione: il confronto. Se parliamo con qualcuno, che sia al bar o sulla nostra timeline, dovremmo tenere sempre ben chiaro in mente lo scopo per il quale stiamo parlando: parlare. Nessuno di noi nella vita si sognerebbe di andare a un raduno di vegani con un vassoio di arrosticini e costringere tutti ad assaggiare almeno un pezzetto. Una discussione di confronto è utile e costruttiva se nasce dalla volontà di condividere quello che si pensa, ma soprattutto comprendere cosa ci viene risposto. Sia chiaro: voler convincere gli altri della validità delle proprie opinioni è un elemento imprescindibile di ogni discussione. Porsi a un livello di superiorità morale e intellettiva perché gli altri non la pensano come noi, è da scemi e mostra quanto non siamo in grado di difendere ciò che pensiamo. Allo stesso modo, se l'opinione che qualcuno esprime non ci interessa o non la condividiamo, siamo liberissimi di ignorarla. Anche se si tratta di un'opinione molto diffusa e che riesce a essere condivisa da moltissimi, nessuno ci costringe a tenerla in considerazione e nessuno ce ne vorrà, se non lo faremo.

3. Non tutte le opinioni hanno lo stesso valore. Hitler pensava che gli ebrei dovessero essere sterminati. Gli israeliani pensano che sia giusto bombardare uno stato che non ha nemmeno un esercito degno di questo nome. Moltissimi cattolici pensano che si dovrebbe vietare alle donne di abortire solo perché loro non lo farebbero mai. Moltissimi uomini pensano che le donne siano valide solo in rapporto alla propria capacità di mantenere un bell'aspetto fisico (secondo canoni di bellezza precisi e stereotipati). Di fronte a questi esempi ci troveremmo a pensare che si tratta di opinioni che, in quanto tali, vanno rispettate? Assolutamente no. Non tutte le opinioni hanno lo stesso valore: se un'opinione su un argomento qualunque è razzista, egoista e, in generale, manca di rispetto a qualcuno, se è fondata sulla violenza, fisica e non, e sulla prevaricazione verso chi è più debole, non è un'opinione che merita rispetto. Chi vorrebbe esprimere opinioni di questo genere dovrebbe rifletterci e, magari, provarne un po' di sana vergogna.

4. Non sei una segretaria, e se lo sei limitati al tuo ufficio. Ognuno parla di ciò che gli pare, quando e quanto gli pare. La rete segue dei trend, questo è innegabile. Ci sono una serie di argomenti che sono evergreen delle nostre bacheche e non smettono mai di suscitare dibattito, ma ci sono anche casi eclatanti di fatti che, una volta accaduti, generano un dibattito spasmodico e feroce per qualche giorno o qualche ora, per poi perdersi completamente e non essere ritrovati mai più. Che siano temi fondamentali o meno, che siano questioni di importanza cruciale o stupidi gossip, accade sempre così.Se siamo particolarmente legati a un tema, l'unico modo che abbiamo per tenere vivo il dibattito su quest'ultimo è, semplicemente, parlarne. Andare ad attaccare qualcuno che parli di un argomento specifico perché invece non ne tratta un altro è uno dei tanti modi di dare aria alla bocca, o pressione ai tasti, in maniera del tutto immotivata. Se qualcuno che non la pensa come noi su qualcosa evita di parlarne, non andremmo mai a casa sua, sedendoci in salotto, a costringerlo a dibatterne. Perché farlo allora quando la discussione è online?

5. Lo schermo non è uno scudo, è uno specchio. Il fatto che non avremo mai a che fare con le persone con le quali parliamo non ci autorizza a comportarci in maniera differente da come faremmo nella vita reale. Uno schermo non è un telo dietro cui nasconderci per lanciare offese, invettive e per tirare fuori il peggio di noi, come non ci verrebbe mai in mente in realtà. Quello che scriviamo, che diciamo, che fotografiamo, è quello che siamo. Riflettiamo il nostro modo di essere e dovremmo pensarci molto a lungo prima di tradire quello che siamo solo per prenderci qualche piccola rivalsa, per sfogare qualche piccola frustrazione. Se nella vita non ci metteremmo mai alla guida di una ruspa schiacciando vite e affetti di altre persone, non fa affatto ridere che poi limitiamo i nostri sfoghi online alla semplice evocazione: “Ruspa!”. Se non siamo soliti gridare come ossessi durante una discussione, un caps lock in più non renderà migliori le nostre argomentazioni. Se nella vita pensiamo che nostra figlia, nostra sorella, nostra madre, meritino rispetto a prescindere perché sono delle persone, non dovrebbe passarci nemmeno per la testa di dire che una che è stata stuprata dovrebbe rientrare prima o vestirsi meglio. La realtà virtuale non ci rende più forti, anche se così può sembrare. Il massimo che può fare, è tirare fuori il peggio di noi: ma quello che tira fuori siamo sempre noi, e questo dovremmo averlo sempre presente.

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Blogger e attivista. Nata a Napoli nel 1988, dove mi sono laureata in filosofia politica. Sono stata coordinatrice provinciale dell'Unione degli Studenti Napoli e coordinatrice cittadina di Link, coordinamento universitario. Ho lavorato come educatrice per Libera in progetti con ragazzi provenienti da contesti di disagio. Il mio blog personale è Errecinque. Ho un sacco di romanzi nel cassetto.
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