Ciclone Daniel in Libia, il prof Laviola (Cnr): “Era ben monitorato, qualcosa però non ha funzionato”
Circa 2.300 morti e migliaia di sfollati causati dalla rottura di due dighe in Libia. Il Paese è stato colpito dal cosiddetto ciclone Daniel, la cui violenza ha causato più di diecimila dispersi. Una situazione da film apocalittico, con strade allagate ed emergenza umanitaria in corso che tocca centinaia di bambini e persone fragili.
A Derna, la situazione si è fatta drammatica quando la violenza del ciclone ha causato il crollo delle due dighe, portando a una vera e propria inondazione della città sotto 33 milioni di metri cubi d'acqua. Mentre i soccorritori provano ad offrire agli sfollati cure mediche, medicinali e rifugi per la notte, continuano le operazioni per il recupero dei dispersi.
"Il ciclone Daniel è stato particolarmente intenso – ha spiegato a Fanpage.it Sante Laviola, ricercatore dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Cnr-Isac – rinvigorito anche dalle temperature elevate della superficie del mare. Daniel si è sviluppato a settembre, in un momento in cui le temperature sono comunque ancora alte. La sua violenza non è figlia del cambiamento climatico, perché nasce in una stagione di perturbazioni".
A cosa è dovuta la violenza di questo ciclone?
Un ciclone è un sistema di bassa pressione in rotazione. Se ne formano tanti nel Mediterraneo e non sono neppure strutture anomale per il periodo. Daniel fa parte del cosiddetto "blocco ad omega", che ricorda la lettera omega dell'alfabeto greco: all'interno delle sue curve interne c'è alta pressione con temperature elevate, mentre sulle sue code nascono poi le precipitazioni intense che hanno investito prima Spagna e Portogallo e poi la Grecia.
L'effetto sulla Libia era prevedibile?
Verso la Grecia e il Sudest della Sicilia, Daniel ha raggiunto un grado di evoluzione che lo ha portato ad essere particolarmente intenso e violento. Ha toccato le isole greche e poi, nel suo percorso verso Sud comunque delineato da un po', ha toccato la Libia, producendo gli effetti che purtroppo conosciamo.
Possiamo imputare la violenza di questo ciclone al cambiamento climatico secondo lei?
Non direi, come le dicevo non è una struttura anomala quella del ciclone Daniel. Nasce a settembre, quindi a fine estate, trovando forza nelle temperature comunque ancora elevate della superficie del mare che in questo momento raggiunge temperature tra i 26 e i 28 gradi. Questo ha portato comunque a un rinvigorimento dei fenomeni temporaleschi di carattere ciclonico e ha reso Daniel ancora più forte: ha raccolto pioggia e l'ha rilasciata nel suo percorso, scatenandosi poi sulla Libia. Adesso prosegue verso l'Egitto ma ha perso la sua potenza, la sua configurazione a spirale si è dissolta. La sua struttura non c'è più e la sua energia massima è dissolta, ma come dicevo siamo in una stagione di perturbazioni.
Quindi possiamo aspettarci un rinvigorimento del ciclone e altri danni?
No, Daniel ha perso la sua energia massima ma come le dicevo settembre è una stagione di perturbazioni. Ci troviamo in un mese di transizione tra l'estate e l'inverno e bisogna quindi raggiungere degli equilibri che ci permettano di arrivare a temperature più rigide degne dell'inverno.
La Libia era impreparata alla violenza del ciclone, secondo lei perché? Si tratta di un fenomeno inusuale per quelle zone nel mese di settembre?
Non possiamo sapere perché la Libia sia apparsa impreparata alla violenza di questo ciclone, ma è ovvio che qualcosa non abbia funzionato. Sicuramente questo genere di fenomeni è assolutamente in linea con la norma del mese. Daniel è stato molto violento, ma è anche vero che era ben monitorato e che secondo tutti i modelli sapevamo di lui tutto quello che c'era da sapere. Sapevamo dove sarebbe andato a finire e come si sarebbe evoluto.