Ciclista investito e ucciso da auto della polizia, l’agente: “Lo chiamavo per nome per tenerlo cosciente”

"Non appena l’ho visto ho frenato, ma non ho potuto evitare l’impatto". È con voce commossa che un agente della polizia, oggi imputato per omicidio colposo, ha ricostruito in aula i drammatici istanti successivi all’incidente che nel 2022 è costato la vita a Francesco Convertini, disegnatore 33enne originario di Locorotondo (Bari), travolto da un’auto della polizia mentre percorreva in bicicletta una rotonda nel capoluogo piemontese.
L’uomo, all’epoca da poco più di due mesi in servizio sulle volanti, ha testimoniato ieri davanti al tribunale di Torino, cercando di ricomporre gli ultimi momenti prima dell'incidente di quella mattina: "Stavamo accompagnando al commissariato Dora Vanchiglia un uomo arrestato per maltrattamenti sul padre. Era molto agitato, ostile, continuava a colpire con i pugni il plexiglass divisorio. C’era traffico e i semafori lampeggiavano. Percorrevo la corsia preferenziale, libera, ma accanto a noi c’era una fila di auto. Ho visto il ciclista solo attraverso il finestrino di una vettura. È stato un attimo. Ho frenato d’istinto. Non correvo, ero in seconda marcia, ma l’impatto c’è stato lo stesso".
L’agente ha raccontato di essersi precipitato a prestare soccorso, mentre un collega chiamava l’ambulanza: "Ho visto che aveva con sé un biglietto aereo, c’era scritto il suo nome. Ho continuato a ripeterlo, Francesco, Francesco…, per cercare di tenerlo cosciente". La famiglia di Convertini, presente in aula con l’avvocata Natascia Taormina, ha seguito l'udienza. "Dalle parole dello stesso imputato è emerso che le auto si erano fermate per far attraversare il ciclista – ha dichiarato la legale –. Questo elemento sarà centrale nel proseguo del dibattimento".
La difesa dell’agente, rappresentata dall’avvocato Davide Cangemi, punta a dimostrare che si è trattato di una tragica fatalità, aggravata da condizioni difficili alla guida. Il processo riprenderà a maggio.