“Noi siamo questi: non viviamo in una casa piena di unicorni e non vestiamo di pelle o arcobaleno, ma indossiamo rughe e occhiaie, a dimostrazione che dormiamo poco e ridiamo tanto”. Carlo Tumino, 34 anni, originario di Siracusa, è il papà di Sebastian e Julian, due splendidi gemelli eterozigoti di quasi due anni. Sono nati a Las Vegas ed hanno la doppia cittadinanza. Christian De Florio ha invece 43 anni ed è amministratore di una società di Milano che si occupa della gestione e dell’erogazione di servizi integrati: anche lui è il papà di Seba e Julian. Christian e Carlo, dopo essersi conosciuti ad un torneo di beach volley e dopo la loro unione civile nel 2017, sono infatti entrambi genitori dei due gemellini grazie ad una maternità surrogata negli Stati Uniti.
“In Italia non è possibile neanche l’adozione, così siamo dovuti andare oltreoceano –racconta Christian-. Quando ci siamo innamorati ci siamo detti le cose per noi più importanti, e tra queste c’era anche l’esigenza di diventare papà”. Un’esigenza che accomuna praticamente tutte le persone desiderose di mettere su famiglia. Tramite un’agenzia, sono così arrivati a conoscere Krista, quella che poi è diventata la madre surrogata dei piccoli. “Negli Stati Uniti la maternità surrogata coinvolge, oltre ai genitori intenzionali, anche due donne –spiega Carlo-: una donatrice di ovulo e poi la belly mommy, appunto la madre surrogata”.
Con lei, dopo il parto, si è venuto a creare un legame così forte da renderla parte integrante della loro famiglia allargata, tant’è che le feste natalizie le trascorreranno proprio dall’altra parte dell’Atlantico. “Ci sentiamo tutti i giorni, fa parte della nostra vita” assicura Christian. E questo dimostra, come ci tengono a precisare entrambi, che in America le donne che decidono di donarsi in questo modo non lo fanno per soldi. Devono aver avuto già dei figli, non essere in difficoltà economiche, devono superare diversi test psicologici e dimostrare che il loro è un gesto completamente disinteressato da altri vantaggi personali che ne potrebbero trarre. “Facendo una scrematura rimangono solo donne che veramente lo fanno perché eticamente vogliono dare un dono di famiglia a persone che purtroppo non se lo possono permettere” sottolinea Christian, aggiungendo: “Non sarebbe carino dare delle cifre, ma diciamo che si tratta di una spesa simile a quella per l’acquisto di un monolocale alla periferia di Milano. C’è chi decide di fare una vita di viaggi o comprare qualcosa, noi abbiamo scelto di avere una famiglia”.
Una famiglia omogenitoriale che con la giusta dose di ironia si racconta nel blog “Papà per scelta” (diventato da poco anche un libro), trovando riscontri impensabili, ma che fin dall’inizio ha dovuto affrontare non pochi problemi. Soprattutto di carattere burocratico. “Quella è stata forse la parte più complessa” conferma Carlo, professionista nel campo del marketing e della comunicazione il quale, appunto, sta faticando non poco per risolvere la questione legata al congedo parentale. “In Italia c’è un vero e proprio vuoto giuridico” commenta Christian. “I bambini avevano bisogno di essere iscritti all’anagrafe semplicemente perché dovevano essere vaccinati o perché dovevano avere un pediatra – esemplifica Carlo – e per qualche mese abbiamo avuto delle difficoltà, perché non esiste una trascrizione automatica di un atto di nascita estero di una coppia formata da persone dello stesso sesso”. Per arrivare alla trascrizione, la loro famiglia ha dovuto girovagare un po’, ma adesso vive finalmente in pianta stabile a Coriano, vicino Rimini, coi gemellini registrati regolarmente proprio nel municipio del capoluogo.
“Il nostro intento non è quello di promuovere la maternità surrogata – chiarisce Carlo – ma semplicemente, tramite la realtà, dimostrare che anche due uomini, così come due donne, un uomo o una donna singola, possono crescere tranquillissimamente un bambino. Loro esistono e credo che sì, stiamo facendo un buon lavoro – aggiunge – : lo riconosci immediatamente quando un bambino è sereno. Purtroppo le famiglie omogenitoriale vengono sempre strumentalizzate, ma non si danno mai le informazioni necessarie per farsi un’idea in merito: noi stiamo cercando di cambiare narrazione, parlando effettivamente di quello che succede, della realtà. Perché noi lo siamo, non siamo un’opinione. Vorremmo che le persone – conclude Carlo – capissero veramente che poi in realtà non siamo così diversi”.