È il pomeriggio di un caldo giovedì di maggio quando, davanti a un elegante stabile di via Emilia, a pochi metri da Via Veneto, inchioda un'ambulanza a sirene spiegate. All'ingresso, sconvolta e affannata, la portiera dello stabile fa segni con le mani indicando ai portantini un piano dell'edificio. Dopo poco i paramedici varcano il portone con un ferito sulla lettiga: è una ragazza di una ventina d'anni, bionda, bellissima, ricoperta di sangue.
Il mistero di via Veneto
Nel quartiere della ‘dolce vita' romana, qualcuno pensa sia Gerda, la modella tedesca che abita nel palazzo, si diffonde la voce che sia stata colta da un malore, ma la verità, con tanto di particolari, appare negli articoli di cronaca dell'indomani. Non è Gerda Hodapp la ragazza della barella e non si è trattato di un collasso, ma di omicidio: sette coltellate hanno straziato il bellissimo corpo di Christa Wanninger, tedesca, aspirante attrice e amica di Gerda, alla cui porta proprio in quegli istanti si accingeva a bussare.
Christa Wanniger
Quella bella Brigitte Bardot tedesca, arrivata a Roma con il sogno di fare carriera a Cinecittà, esce finalmente dall'anonima schiera delle aspiranti attrici e si guadagna finalmente, da morta, le copertine di giornali e rotocalchi. La storia diventa il giallo dell'estate del '63 e Christa, la dea maledetta di via Veneto, la protagonista di un intrigante mistero. L'opinione pubblica vuole sapere chi ha ucciso Christa, ma più di ogni altra cosa vuole sapere perché. Dalla rosa dei sospettati, il commissario della mobile Domenico Migliorini, a capo delle indagini, esclude immediatamente il fidanzato di Christa, calciatore con un passato da aspirante attore, che ha un alibi di ferro. Controversa, è invece la posizione di Gerda, l'amica della vittima, sua connazionale e compagna di sogni e speranze, proprio lei, ex ballerina e aspirante soubrette, rende una strana testimonianza.
L'uomo in blu
Non solo, dichiara, quel pomeriggio non ha sentito le grida di Christa – che invece hanno fatto saltare dal riposo pomeridiano di tutti gli altri inquilini – ma nega che a quell'ora stesse aspettando l'amica. ‘Avevo disdetto l'appuntamento, volevo riposare' dice. La polizia, però, non le crede, anzi, inizia a pensare che la bella tedesca stia proteggendo qualcuno, addirittura l'assassino, che dalla seconda uscita dell'appartamento di Gerda avrebbe potuto lasciare il palazzo indisturbato. È la portiera, invece, a rendere una testimonianza fondamentale per il caso.
La dolce vita romana
Poco dopo l'agguato mortale sul pianerottolo, un uomo vestito di blu è uscito da quel palazzo, dopo aver dato l'allarme: ‘C'è una donna che grida al quarto piano' ha detto ai passanti. Sull'identità del misterioso uomo in blu si scatenano le congetture della stampa, che inizia a disegnare ambigui scenari fatti di scandali e crimini che hanno come sfondo il mondo dello cinema che Christa stava tentando ingenuamente di scalare. Al netto della retorica, però, i giornalisti ci hanno visto giusto: è nelle oscure retrovie del mondo dello spettacolo, dietro le porte di servizio che non aprono mai sul palcoscenico principale ma nel buio di un vicolo, nel mondo di ricatti sessuali e delle proposte indecenti, che bisogna guardare.
Il maniaco
Mentre gli agenti scandagliano il privato della bella Christa, spulciano le lettere e passano allo scanner le sue conoscenze, un'altra pista li aspetta dietro l'angolo. Il 9 marzo, circa un anno dopo i fatti, alla redazione di ‘Momento sera' giunge la telefonata di un uomo che dice di sapere chi è l'autore del massacro. "È stato mio fratello, ho i suoi diari. Vi aiuterò a prenderlo, ma dobbiamo essere cauti". Mentre il giornalista utilizza ogni mezzo per trattenerlo in linea, i colleghi avvertono la polizia che in breve tempo rintraccia la chiamata e sorprende l'anonimo informatore ancora con la cornetta all'orecchio. È Guido Pierri, 35 anni, pittore originario di Carrara. Nel suo covo gli agenti trovano disegni e scritti inquietanti: ben quattro quaderni che raffigurano donne trafitte dai coltelli e pianificano delitti.
Guido Pierri
Tra quelle pagine c'è anche un fedele racconto del delitto di via Veneto. Un maniaco, il pittore sadico Guido Pierri, è dunque l'assassino: quel romanzo d'estate sembra giunto al suo epilogo, ma Pierri, viene giudicato essere estraneo ai fatti. Non solo la stampa non crede che il mitomane che ha telefonato a ‘Momento sera' sia il killer, ma neanche la polizia lo crede, tanto che il 35enne viene incriminato per il solo reato di tentata truffa. Già, perché per chiunque avesse fornito informazioni sul caso Wanninger, era stata stanziata una generosa ricompensa in denaro.
Il jet set
Non c'è l'arma del delitto, nessuno, compresa Gerda, ha un movente chiaro, non ci sono prove, il caso è destinato all'oblio. Passano sette anni, l'Italia scanzonata dei Sessanta diventa la scacchiera politica della strategia della tensione, con le sue stragi ‘a fin di bene', con la violenza usata per contrastare il pericolo dell'avanzata del comunismo. In questo clima, che ha i suoi riverberi anche sul terreno internazionale, è un settimanale tedesco a tirare fuori dalla polvere degli archivi l'assassinio di Christa. Secondo il periodico, sullo sfondo della morte della 23enne ci sarebbero frequentazioni con persone ricche e influenti: politici, industriali e faccendieri del Sifar, il Servizio informazioni forze armate. L'articolo è così convincente che la procura romana riapre il caso, ma senza svolte.
‘So chi ha ucciso Christa'
Quattro anni dopo, nel 1974, il nome di Christa Wanninger sale di nuovo agli onori delle cronache. È il maresciallo Renzo Mambrini, ex addetto stampa del generale Giovanni De Lorenzo – il Capo dei Servizi che pianificava un colpo di Stato in chiave nazionalista – a promettere rivelazioni sul caso. L'ex militare, però, muore in un misterioso incidente stradale prima di dimostrare alcunché.
I legami del caso con i Servizi, a questo punto, sembrano essere una chiave di lettura, forse la più valida, del caso soprattutto alla luce di alcune ammissioni di Gerda Hodapp, all'epoca fidanzata con un uomo legato al Sifar. Se davvero nelle sue liaison c'erano notabili e alti ufficiali, forse Christa si era imbattuta per sbaglio in informazioni segrete, forse aveva visto e sentito qualcosa. E proprio quando la stampa cavalca questa tesi il pittore Guido Pierri, ‘il maniaco' nel frattempo diventato marito e padre viene giudicato per il delitto di via Veneto.
La soluzione (facile)
‘Assolto per insufficienza di prove' è il verdetto di primo grado, colpevole, ma non imputabile, il verdetto definitivo. Colpevole, sì: perché dopo quasi vent'anni viene fuori che il suo alibi era incerto; non imputabile, perché un consesso di eminenti psichiatri, tra cui il professore ‘nero' Aldo Semerari, sottoscrive una perizia secondo la quale all'epoca l'imputato era incapace di intendere e di volere, perché schizofrenico. Solo all'epoca, però, dunque oggi, ormai compensato e stabile, non deve essere condannato né al carcere né all'ospedale psichiatrico.
L'epilogo
È il 1988. Gerda Hodapp è tornata in Germania, rinunciando ai suoi sogni. La Roma felliniana di soubrette e ricconi ha lasciato il posto alla città torbida oscura dove sono scomparse Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Quella dove i vicepapi fanno la politica economica delle grandi banche italiane, quella, forse non diversa dalla città che aveva fagocitato i sogni di Christa, dove una ragazza può morire in un giorno di maggio senza sapere perché.