Chiesto il trasferimento in Italia di Chico Forti: era stato condannato all’ergastolo negli USA
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha reso noto di aver incaricato ufficialmente l'ambasciatore italiano a Washington, Armando Varricchio, di mettersi in contatto con il governatore della Florida, Ron De Santis, per ottenere l'approvazione al trasferimento di Chico Forti e avviare immediatamente le pratiche previste. A renderlo noto è Gianni Forti, "zio" di Chico Forti, il trentino detenuto da oltre 20 anni negli Stati Uniti, che in una nota diffusa ieri ha riferito di esser stato ricevuto due giorni fa dalla Farnesina dal ministro e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro. "Di Maio – ha affermato Gianni Forti – ha annunciato che nei primi giorni di dicembre ha ricevuto al ministero l'avvocato americano di Chico, Joe Tacopina, il quale gli ha presentato ufficialmente la domanda di trasferimento in Italia. Il ministro, pur non precisando i tempi necessari per il completamento della pratica, ha confermato il massimo impegno da parte del governo".
Enrico Forti, detto Chico, oggi ha 60 anni ed ha trascorso gli ultimi 21 nelle carceri statunitensi dopo essere stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Dale Pike, ucciso il 28 febbraio 1998 e ritrovato morto 24 ore dopo sulla spiaggia di Sewer Beach. L'italiano si è sempre professato innocente e ha sempre chiesto la riapertura del caso, insistendo sulla debolezza delle prove contro di lui. Forti fu l'ultimo a vedere la vittima, Dale Pike, che sostiene di aver accompagnato in auto dall'aeroporto fino al parcheggio del Rusty Pelican, dove lo avrebbe lasciato in compagnia di un altro uomo mai identificato. Pike si era recato negli States ospite di Forti, con il quale suo padre Tony Pike, patrone del Pike Hotel di Ibiza, stava trattando la vendita del importante hotel, tempio della movida negli anni Ottanta.
Secondo l'accusa proprio questo affare sarebbe stato il movente del delitto, che secondo la Procura di Miami si sarebbe opposto alla vendita della proprietà da parte del padre, affetto da demenza e non in condizioni di trattare lucidamente quel tipo di transazione. Nel mirino dell'accusa finì il rapporto tra Forti e Thomas Knott, pregiudicato per truffa, che insieme a Forti pochi mesi prima dell'omicidio avrebbe comprato un'arma dello stesso calibro di quella che sparò due colpi sulla nuca alla vittima.