Chi sono Maurizio De Lucia e Paolo Guido, i procuratori che hanno arrestato Matteo Messina Denaro
"Auguro buon lavoro al nuovo procuratore di Palermo De Lucia, del quale ho sempre apprezzato la grande preparazione e l’equilibrio". Era il 15 ottobre scorso e con queste parole il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, salutava l'insediamento del nuovo procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia.
Ed effettivamente il suo è stato un ottimo lavoro: De Lucia, insieme al procuratore aggiunto Paolo Guido, è riuscito a mettere fine alla latitanza di 30 anni del boss mafioso Matteo Messina Denaro.
Chi è il procuratore capo Maurizio De Lucia
Triestino di nascita e campano d'adozione, 61 anni, Maurizio De Lucia è stato a lungo Pubblico Ministero a Palermo, prima di passare in direzione nazionale antimafia e infine alla Procura di Messina.
Dopo aver completato gli studi all’Università Federico II di Napoli, nel 1991 è entrato a far parte della Procura del capoluogo siciliano; giovanissimo ha assistito alle stragi di Capaci e via D’Amelio nelle quali sono morti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Dopo gli anni occupati con indagini sulla pubblica amministrazione, che hanno portato alla luce anche molti infiltrati mafiosi, nel 1998 entra nella Direzione Distrettuale Antimafia, dove divenne presto uno dei punti di riferimento per le indagini più delicate. Grazie alla sua gestione, molti ex mafiosi sono diventati collaboratori di giustizia, a partire da Angelo Siino, il “ministro dei lavori pubblici” dei corleonesi.
Dopo l'esperienza in procura, nel 2009 de Lucia si era trasferito a Roma, come sostituto procuratore della Dna, fino al 2017 si è occupato del coordinamento delle indagini sulle stragi del 1992. Poi, la nomina a procuratore capo di Messina. luglio dell’anno scorso il Csm dà il via libero per il ritorno di De Lucia a Palermo e così è stato quando a settembre venne nominato all’unanimità Procuratore di Palermo. Oggi l'arresto del latitante n.1 in Italia.
Chi è il procuratore aggiunto Paolo Guido
56 anni, cosentino, il successo di queste ore è frutto di un'esperienza in magistratura iniziata nel 1995. Paolo Guido per anni sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia, dal 2017 aveva la delega sulle indagini per la cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro.
Studente al liceo scientifico Fermi di Cosenza, si è laureato in Giurisprudenza a Roma e ha vinto il concorso in magistratura a pieni voti, venendo assegnato prima per l'uditorato nella Capitale e poi a Palermo. Prima del recente incarico, si era occupato del radicamento della mafia nei territori trapanesi e agrigentini.
"Il risultato giunge dopo anni di grande impegno e di indagini di questo ufficio e delle forze di polizia che hanno prosciugato la rete dei suoi favoreggiatori del boss. Il risultato è anche arrivato grazie ad un difficile coordinamento tra le forze di polizia che in questo momento devono essere tutte ringraziate" ha commentato stamani il procuratore aggiunto.
Come è stato arrestato Messina Denaro
Messina è stato arrestato dai carabinieri del Ros in una clinica privata di Palermo, dove il capomafia di Castelvetrano (TP) si era recato per "sottoporsi a terapie". Ma come hanno fatto le forze dell'ordine ad arrivare a questo risultato? Alla cattura del boss Matteo i magistrati palermitani e i carabinieri del Ros sono arrivati con quella che si può defnire una indagine tradizionale.
Da circa tre mesi gli investigatori analizzavano le conversazioni, intercettate, dei familiari del capomafia. Questi ultimi, consapevoli di essere intercettati, si erano fatti sfuggire solamente che il padrino di Castelvetrano era gravemente malato, tanto da aver subito due interventi chirurgici, uno per un tumore al fegato, l'altro per il morbo di Crohn. Una delle due operazioni peraltro era avvenuta in piena pandemia.
A quel punto gli inquirenti hanno cominciato la ricerca di informazioni nella centrale nazionale del ministero della Salute che conserva i dati sui malati oncologici. Facendo una cernita sulla base dell'età, del sesso e della provenienza, sono arrivati a tale Andrea Bonafede, nipote di un fedelissimo del boss, residente a Campobello di Mazara.
Dalle indagini però è emerso che il giorno dell'intervento, scoperto grazie alle intercettazioni, Bonafede era da un'altra parte. È stata la svolta: il suo nome era stato usato da un altro paziente che doveva realmente recarsi alla clinica nel centro di Palermo. Era Mattia Messina Denaro che doveva sottoporsi a chemioterapia. Il resto è storia nota.