Chi sono i gay e i transgender cattolici, innamorati nascosti che ora sperano in Francesco
Quanti siano i gay e i transgender che si riconoscono nel cattolicesimo nel nostro Paese come nel mondo non si sa. Quello che è certo è che gli omosessuali che rivendicano con forza il proprio posto nella Chiesa sono ormai migliaia ed il loro numero cresce sempre di più, in Italia come altrove.
Il Catechismo, che è un po’ il manuale di istruzione del cattolicesimo, parla di “atti di omosessualità intrinsecamente disordinati”, “contrari alla legge naturale”, che “non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale” ed inoltre che “in nessun caso possono essere approvati”. Del rapporto tra fede e rapporti omosessuali si sono occupati anche gli ultimi due sinodi sulla famiglia in Vaticano, fortemente voluti da papa Francesco, dove è stata ribadita la consueta dottrina in maniera anche abbastanza netta.
Eppure gli omosessuali e i transgender cattolici sono tanti e, sempre di più, vogliono smettere di essere una “Chiesa del silenzio” e far finalmente sentire la loro voce, gridando di aver il diritto di amare un uomo o una donna come loro anche al cospetto di Dio. Compie, ad esempio, dieci anni nel 2017 il portale Gionata, un sito web che ha l’obiettivo di far “conoscere il cammino che i credenti omosessuali fanno ogni giorno nelle loro comunità e nelle varie Chiese”. L’obiettivo è quello di “aiutare la società e le Chiese ad aprirsi alla comprensione e all’accoglienza delle persone omosessuali.” Nel sito si parla di fede, partendo dai racconti di cristiani omosessuali e raccontando il cammino di gruppi di fedeli che provano a far valere le proprie ragioni. Da Gionata, che si vede riservati spazi sulle riviste cattolico-progressiste Tempi di Fraternità ed Adista, sono poi nati il gruppo “Davide”, che riunisce genitori cattolici con figli e figlie LGBT ed il progetto “Giovani cristiani LGBT”, appena pochi mesi fa.
E’ notizia di questi giorni, poi, la conclusione di una campagna su vasta scala denominata “Chiesa ascoltaci” promossa dall’associazione “Cammini di speranza” volta a garantire “armonia, dignità ed eguaglianza nella Chiesa Cattolica e nella società.” Per tutto il Giubileo della Misericordia sono state rese note testimonianze di omosessuali cristiani o di loro genitori, parenti e amici, che si sono rivolti direttamente, in tanti casi, a Papa Francesco. Alla fine, le varie testimonianze, venticinque in tutto, sono state raccolte in un e-book, ed i protagonisti sono stati ritratti da Simone Cerio, già vincitore del Perugia Social Photo Fest e collaboratore di importanti quotidiani e riviste.
“Caro Papa Francesco, siamo qui per amare ed essere amati” è l’incipit dell’intervento di Fabio e Roberto. “Dio non commette errori, ma chi vive l’omosessualità è, a parer Tuo, papa Francesco, un errore oggettivo. Eppure, se io non fossi lesbica, la mia fede sarebbe scialba perché è la mia omosessualità che mi ha portata a fare una ricerca spirituale e a cercare di vivere in Cristo” scrive Chiara. “Dopo tanti anni di dubbi, rifiuti e non poche sofferenze, sono ancora cristiano. Se ho conservato la fede, lo devo all’amore di Gesù, il mio salvatore, il mio liberatore. Questo amore mi si è manifestato attraverso la testimonianza e l’accoglienza che ho ricevuto dai gruppi storici di omosessuali cristiani” spiega Davide. Simone, poi, chiarisce che “La Chiesa oggi parla di “aberrazioni”, di “crimini contro Dio”, di “unicità”. Se mi chiedono cos’è oggi l’evangelizzazione rispondo: un comizio. Invece il Vangelo ci chiama ad includere e non ad escludere. Spero che la Chiesa capisca che l’unico modo per non estinguersi è ritornare a questo modello originale del Vangelo, dove lo Spirito Santo converte il cuore e non esclude.”
C’è da dire, comunque, che gli omosessuali non devono essere considerati al di fuori della Chiesa. Nel Catechismo, infatti, c’è scritto che “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.” Lo stesso papa Francesco ha chiarito, nel 2014, con una frase divenuta celebre, che non si può giudicare una persona che è gay e cerca Gesù con cuore sincero. Tutto questo, però, agli omosessuali cristiani non basta più: vogliono un riconoscimento formale che la loro condizione non è “intrinsecamente disordinata”. La strada per loro è, però, ancora tutta in salita.