Chi sono gli indagati che avrebbero “favorito” la latitanza di Matteo Messina Denaro
La latitanza di Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra arrestato nella giornata di lunedì 16 gennaio, è stata resa possibile anche da una rete di persone che lo ha aiutato a continuare a vivere e spostarsi tra Trapani e Palermo. Ne sono convinti gli inquirenti che già nella giornata di ieri hanno individuato il secondo bunker a Campobello di Mazara.
Matteo Messina Denaro aveva cercato di "mimetizzarsi" tra la gente comune e contava su un vero e proprio "quartiere generale" a Campobello, dove poteva spostarsi liberamente. Il latitante viveva infatti in un appartamento apparentemente modesto, ma al suo interno custodiva abiti firmati e oggetti di lusso. Insieme ai preziosi, gli agenti hanno rinvenuto anche un'agenda nella quale il boss annotava gli appuntamenti e alcune riflessioni sul rapporto con la figlia Lorenza Alagna e sull'amore.
Chi indaga ha subito capito che poteva esserci un secondo covo del boss, quello "vero" in cui il "Capo dei Capi" nascondeva oro e documenti.
Il secondo "bunker", trovato nella giornata di ieri, era situato in un normalissimo appartamento di Campobello di Mazara, poco distante dall'abitazione nella quale Messina Denaro viveva da un anno.Sono in corso gli accertamenti per arrivare ai nomi di tutti i componenti della rete di "fedelissimi" del super latitante.
I medici indagati: Alfonso Tumbarello e Filippo Zerilli
Nella rete di coinvolti individuata dalle forze dell'ordine vi sarebbero due medici, Alfonso Tumbarello e Filippo Zerilli. Il medico di base e l'oncologo trapanese risultano indagati dopo l'arresto di Messina Denaro. Tumbarello, medico di base del latitante, è accusato di procurata inosservanza di pena aggravante. Secondo quanto reso noto, il medico avrebbe anche firmato le richieste di cura per la clinica "La Maddalena", centro privato dove il boss si recava periodicamente ormai da un anno.
Andato in pensione lo scorso dicembre, Tumbarello è stato interrogato sui suoi rapporti con il boss di Cosa Nostra. A chi indaga ha detto di non essere mai stato a conoscenza della vera identità del paziente. "Per me – ha sottolineato – è sempre stato il signor Bonafede".Tra i pazienti in cura presso il suo studio, infatti, risulta anche il 59enne che ha fornito i documenti di identità al boss.
Indagato anche Filippo Zerilli, oncologo trapanese che avrebbe eseguito l'esame del dna necessario per le sedute di chemioterapia. Il paziente aveva presentato al medico i documenti di Andrea Bonafede, il geometra che da tempo gli "prestava" l'identità. I carabinieri del comando provinciale di Trapani hanno perquisito anche il reparto di Oncologia dell'ospedale Sant'Antonio Abate alla ricerca dell'esame istologico effettuato da Matteo Messina Denaro, malato di tumore al colon.
L'autista Giovanni Luppino arrestato e interrogato"
Un altro degli "aiutanti", secondo gli inquirenti, sarebbe Giovanni Luppino, commerciante di olive che, nel giorno dell'arresto, ha accompagnato il boss presso la clinica "La Maddalena". L'uomo è stato arrestato poco lontano dall'ingresso della struttura. "Non sapevo che fosse Matteo Messina Denaro – avrebbe dichiarato davanti al suo legale -. Me lo hanno presentato come Andrea Bonafede. Solo un pazzo avrebbe accettato di accompagnarlo pur sapendo che si trattava del boss. Io ho detto di sì perché doveva sottoporsi alla chemioterapia, ma non sapevo niente di lui".
Luppino lavora insieme alla famiglia nel settore della raccolta e della vendita delle olive. Con i figli gestisce anche attività nel settore dell'energia eolica.
Il vero Andrea Bonafede
Tra gli indagati vi è anche Andrea Bonafede, il 59enne che avrebbe fornito l'identità falsa al boss. Secondo quanto da lui dichiarato, Messina Denaro sarebbe una sua conoscenza di "vecchia data" e con i suoi soldi avrebbe acquistato l'appartamento nel quale il latitante ha vissuto per un anno. Gli inquirenti hanno posto sotto sequestro anche l'abitazione della mamma del geometra 59enne per ulteriori accertamenti. La casa della donna si trova a Campobello di Mazara e da tempo è disabitata.
La mamma di Bonafede, infatti, vive da diverso tempo insieme a una delle sue figlie nella casa di Tre Fontane.