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Chi sono Ade e Ozuna, i due presunti killer del 22enne Francesco Favaretto: “Da piccoli erano amici”

Sarebbero due giovani di 19 e 18 anni gli assassini di Francesco Favaretto, il 22enne accoltellato a Treviso. Toluwaloju Ade Mclinkspual e Angelo Riccardo Ozuna, secondo quanto emerso dalle indagini, erano amici d’infanzia della vittima.
A cura di Gabriella Mazzeo
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A uccidere Francesco Favaretto, 22 anni, sarebbero stati due giovani di 19 e 18 anni, arrestati domenica 22 dicembre insieme a un ragazzo di 15 anni. Toluwaloju Ade Mclinkspual, 19 anni, e Angelo Riccardo Ozuna, 18 anni, avrebbero agito insieme a un minorenne e per loro l'accusa è diventata di omicidio volontario. Il 24 dicembre i due ragazzi sono stati interrogati e per entrambi sono stati convalidati gli arresti.

Gli amici non riescono a credere alle accuse. "Non sono stati loro" sostengono i giovani con i quali il 19enne e il 18enne sono cresciuti a Santa Bona (Treviso). Secondo chi indaga, entrambi avrebbero ferito Favaretto alla gola e al torace per questioni di droga. Dopo la sua morte, l'accusa è diventata di omicidio volontario.

Ozuna, operaio a Cremona, è difeso dall’avvocata Alessandra Rech e ha chiesto i domiciliari. Il giovane si dichiara estraneo all'aggressione, sostenendo di non aver partecipato all'accoltellamento di Favaretto.

"I video delle telecamere confermerebbero questa tesi dal momento che le immagini lo mostrano allontanarsi all’inizio dell’aggressione – ha sottolineato la sua avvocata nei giorni scorsi -.  Vive tutto questo come un’ingiustizia perché sostiene di non aver fatto nulla".

L'amico 19enne, Ade Mclinkspual, è difeso dall'avvocata  Valentina Pignata ed è uno studente di un istituto professionale. Secondo quanto ricostruito dagli interrogatori, i due ora accusati di omicidio erano amici della vittima. Per anni i tre ragazzi hanno trascorso le serate insieme, frequentato le stesse scuole e gli stessi locali.

Poi qualcosa si è rotto, tanto da portare il gruppo a discutere per questioni legate agli stupefacenti. Non è ancora ben chiaro il movente dell'omicidio. Il 22enne viveva insieme alla madre e per anni aveva lottato contro i demoni della droga. Poi però c'era stata la svolta e Favaretto era entrato in una comunità di recupero. Da qui aveva iniziato a lavorare come cameriere e cuoco a Treviso, ma da qualche mese era tornato a frequentare i "brutti giri" di un tempo, fino al tragico epilogo.

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