La neve sulle Alpi che si è già completamente sciolta in Piemonte e Lombardia. I laghi, a partire dal Lago Maggiore, che sono ai minimi storici del periodo. La temperatura, che è di due gradi più alta della media stagionale.La produzione di energia elettrica in stallo, perché non c’è abbastanza acqua per far funzionare le centrali idroelettriche. Le colture che sono già in sofferenza, nonostante si sia cominciato a irrigare quindici giorni dopo. E la richiesta, avanzata dall’autorità di bacino del Po, di razionare l’acqua nelle ore notturne in più di cento comuni.
Eccovela qua, a voi che l’aspettavate, l’estate del nostro cambiamento climatico. Quella in cui una delle terre più ricche d’acqua d’Europa – pariamo della Pianura Padana, ovviamente – si ritrova improvvisamente a fronteggiare la peggiore siccità degli ultimi settant'anni e una crisi idrica unica nella sua storia. Una crisi, lo sottolineiamo, casomai servisse ancora, figlia del riscaldamento globale, di temperature fuori da ogni norma, di ghiacciai e nevai che si sciolgono, di precipitazioni azzerate, di eventi climatici estremi.
Una crisi, sottolineiamo pure questo, che produce danni incalcolabili alle nostre economie e al nostro benessere. Perché se si parla di Pianura Padana, o di Nord Italia, giusto per allargare lo sguardo, si può tranquillamente dire che l’acqua sia stato davvero l’oro blu su cui questo pezzo d’Europa ha costruito la sua fortuna. Giusto per fare qualche esempio:avete idea di cosa vuol dire il razionamento idrico per una terra in cui abitano quasi 20 milioni di persone? Avete idee di cosa vogliono dire siccità e desertificazione per l’unico luogo in Italia in cui si pratica agricoltura intensiva su larga scala? E avete cognizione del fatto che se manca l’acqua, manca l’elemento principale per raffreddare gli impianti di produzione e le centrali elettriche?
Ecco, ora che abbiamo capito quali sono le cause e quali gli effetti, proviamo ad allargare lo sguardo. Perché a fianco di questa emergenza abbiamo un piano energetico, predisposto dall’attuale larghissima maggioranza di governo, che punta su nuove trivellazioni e sul ritorno alle centrali a carbone, mentre il prezzo di produzione delle energie rinnovabili, quella solare in particolare, è oggi il più economico di sempre. E abbiamo forze politiche che chiedono di calmierare il prezzo della benzina, mentre altrove, in Germania ad esempio, si prova a fronteggiare la crisi energetica incentivando l’uso dei mezzi pubblici con biglietti e abbonamenti super economici.
E, ancora, abbiamo la candidata numero uno alla prossima poltrona da premier, Giorgia Meloni, che se la prende contro il “fondamentalismo climatico” di Greta Thunberg senza mai dedicare nemmeno un sospiro a chi e cosa ha concorso a far impazzire il clima. Abbiamo i dischi rotti del nucleare che blaterano di costruire nuove centrali fregandosene di due referendum e dei tempi biblici che occorrerebbero per metterle in funzione, mentre di tempo ne abbiamo pochissimo. E abbiamo gli strali dei commentatori e dei media contro quattro manifestanti che si siedono nel mezzo del Grande Raccordo Anulare, come se fossero loro, gli ecologisti, i nemici dell’economia, quelli che ci faranno andare in rovina. Ignorando il fatto che a mandarci in rovina, se non ci svegliamo, saranno quelle auto incolonnate sull’asfalto, con le loro emissioni di diossido di carbonio, e tutto il modello di sviluppo incardinato sui combustibili fossili.
Abbiamo, per farla breve, un’orchestrina che a ogni ora del giorno e della notte racconta la grande balla degli ecologisti nemici dello sviluppo economico, dopo aver raccontato la grande balla del cambiamento climatico che non esiste, che non dipende dall’uomo e che abbiamo tutto il tempo del mondo per rimediare. Il giorno in cui tratteremo quest’orchestrina come quella di chi dice che i vaccini fanno peggio delle malattie, o che Putin è un baluardo della democrazia sarà un grande giorno. Caldissimo, ma grande. Perché sarà il giorno in cui finalmente cominceremo a capire quanto tempo abbiamo buttato via.