Chi ha tradito Paolo Borsellino, a 30 anni dalla strage di via D’Amelio si aspetta ancora la verità
"Mio padre fu lasciato solo e tradito". Per il trentennale della strage di via D’Amelio è Fiammetta Borsellino a parlare, continuando a usare termini come “tradimento”, “depistaggi”, “verità negata”. La verità sulla strage del 19 luglio 1992 in cui fu ucciso suo padre, il giudice Paolo Borsellino, e gli agenti della sua scorta. "Non posso credere che un amico mi ha tradito", si sfogò lo stesso Borsellino coi colleghi Alessandra Camassa e Massimo Russo, che andarono a trovarlo dopo la strage di Capaci.
Erano le 16.58 del 19 luglio 1992. L’esplosione in via D'Amelio, nel cuore di Palermo, venne avvertita in gran parte della città. Oltre a Borsellino, morirono Emanuela Loi, 24 anni, la prima donna poliziotto in una squadra di agenti di scorta; Agostino Catalano, 42 anni; Vincenzo Li Muli, 22 anni; Walter Eddie Cosina, 31 anni, e Claudio Traina, 27 anni. Si salvò, in quell'attentato arrivato 57 giorni dopo la strage di Capaci, solo l'agente Antonino Vullo.
Paolo Borsellino aveva 51 anni: da 28 in magistratura, era procuratore aggiunto nel capoluogo siciliano dopo aver diretto la procura di Marsala. Il 19 luglio di 30 anni fa pranzò con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, poi con la sua scorta si recò in via Mariano D'Amelio, dove vivevano la madre e la sorella. Al passaggio del giudice, una Fiat 126 rubata parcheggiata nei pressi dell'abitazione della madre, con circa cento chili di tritolo a bordo, esplose. La strada brucia, sull'asfalto ritrovano frammenti di corpi mutilati.
Quando la notizia arriva in tv, sicuramente in tanti pensano a una strage annunciata. Dopo Falcone, hanno ucciso Borsellino. Da allora sono passati 30 anni, che però non sono bastati per individuare i responsabili di quello che è stato definito "un depistaggio gigantesco e inaudito che ha coperto alleanze mafiose di alto livello".
In 30 anni sono stati celebrati molti processi, sono stati condannati boss e falsi pentiti, ma restano ignoti gli autori del depistaggio. Borsellino 1, bis, ter, quater, un numero di processi di cui è anche difficile tenere il conto e decine di sentenze che hanno sicuramente chiarito il ruolo della mafia nell'attentato di via D’Amelio ma che non hanno restituito tutta la verità. Sono tanti ancora gli interrogativi senza risposta, dalle responsabilità esterne a Cosa nostra, alla sorte dell'agenda rossa, fino ai nomi degli autori del depistaggio delle indagini sull’eccidio.
Di recente si è chiuso un ultimo processo a tre poliziotti con una assoluzione e due prescrizioni. Erano accusati di avere depistato le indagini successive alla strage. A processo il funzionario Mario Bo e gli ispettori in pensione Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Ribaudo è stato assolto perché il fatto non costituisce reato, per gli altri il reato è stato prescritto. Una sentenza – quest’ultima – che sicuramente non soddisfa i familiari.
Familiari che per anni sono rimasti in silenzio, ma che adesso chiedono a gran voce verità. "Ci sono uomini che lavorano per allontanare la verità sulla strage di via D'Amelio. Oggi questa verità è negata non solo alla mia famiglia ma a tutto il popolo italiano, il primo a essere stato offeso", ha denunciato qualche giorno fa Fiammetta Borsellino, che ha anche annunciato la volontà della famiglia di non partecipare alle manifestazioni ufficiali per l’attentato “fino a quando lo Stato non ci spiegherà cosa è accaduto davvero”.
Di trenta anni senza verità ha parlato anche il fratello del giudice, Salvatore Borsellino: "Avremmo voluto celebrare il trentesimo anniversario della strage di via D'Amelio con una vittoria sulla mafia e, quindi, con la scoperta della verità per dare giustizia ai familiari e alle vittime. Purtroppo sarà anche quest'anno solo un appuntamento rimandato. Fin quando non si farà chiarezza sui tanti depistaggi, fin quando la politica non farà leggi antimafia dignitose della memoria e dell'operato dei magistrati e degli uomini delle forze dell'ordine che per lo Stato sono stati uccisi”.
E a distanza di 30 anni dagli attentati a Falcone e Borsellino mancano anche le scuse di chi li ha isolati, di chi li ha lasciati soli trasformandoli in bersaglio facile della mafia. "Nessuno ha chiesto scusa in 30 anni”, ha detto a Fanpage.it lo scorso maggio Maria Falcone.