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Chi era Klajdi Bitri, l’operaio 23enne ucciso a Sirolo con una fiocina mentre aiutava un amico

Klajdi Bitri, 23enne albanese residente ad Ancona, è stato ucciso in strada a Sirolo dopo una liti per futili motivi. Il fratello minore: “Mi faceva anche da padre. Ha sempre e solo lavorato per farmi raggiungere l’Italia, trovare una vita più dignitosa”.
A cura di Susanna Picone
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Un “esempio perfetto di integrazione”. Viene descritto così, in queste ore, Klajdi Bitri, il ragazzo albanese di 23 anni ucciso domenica pomeriggio a Sirolo, nelle Marche, con un colpo di fiocina dopo un diverbio in strada.

Il giovane era operaio, lavorava al porto, ed era ben inserito nella realtà di Ancona, la città dove viveva. È stato ucciso mentre tentava di difendere un amico italiano che era stato aggredito dall’uomo accusato e poi fermato per il delitto.

“Voglio giustizia. Ho visto mio fratello morirmi davanti, ucciso con l’indifferenza più totale, senza nemmeno capirne il perché. Senza avere il tempo di accorgermi che stava morendo”, le parole del fratello minore di Bitri, affidate al sito Cronache maceratesi. “L’ho visto diventare sempre più pallido, tutto d’un tratto, e non rispondermi più perché era morto. Ucciso”, aggiunge il ragazzo dall’obitorio, dove è stato portato il corpo senza vita del fratello.

Il giovane vuole riportare la salma del fratello in Albania, dove vivono i loro genitori: “Non riusciranno a venire in Italia. Mi sento in dovere di sistemare tutte le pratiche necessarie e riportarlo a casa”. E ancora, ricorda: “Non era solo mio fratello, mi faceva anche da padre. Ha sempre e solo lavorato per farmi raggiungere l’Italia, trovare una vita più dignitosa”.

A definire il 23enne ucciso “un perfetto esempio di integrazione” è stata la consigliera regionale della Lega Lindita Elezi, cittadina italiana di origini albanesi, che in queste ore sta raccogliendo le testimonianze di dolore e cordoglio della comunità albanese.

“Ha dato tutto, ha dato la vita, per me è anche una testimonianza dell'indole del nostro popolo, coraggioso e sempre pronto a difendere chi ne ha bisogno”, ha aggiunto. Chi conosceva la vittima, ne parla come un ragazzo legato alla famiglia, che tutti i giorni telefonava alla madre. Elezi si è messa a disposizione della famiglia di Klajdi e anche del governo albanese, "per qualunque cosa sia necessaria”.

È in carcere, intanto, l’uomo accusato del delitto. Ventisette anni, di origini algerine, è accusato di omicidio volontario aggravato da futili motivi. Il video del suo arresto è diventato virale in rete: si vedono due carabinieri, uno con il taser, che lo fanno stendere a terra e lo immobilizzano. "Hai ammazzato un ragazzo" gli dicono, e lui si dispera.

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L’uomo si è difeso dicendo che non si è reso conto di aver ucciso il 23enne. Il fucile "l'ho preso per difendermi”, avrebbe detto sostenendo di essere stato aggredito lui, dopo un diverbio in strada, con l'auto che precedeva la sua, una Up bianca, guidata da una donna con a bordo marito e figli. Il ferimento mortale a suo dire sarebbe stato del tutto accidentale tanto che poi è risalito in auto ed è ripartito per andare a pesca.

Diversa la versione del fratello della vittima: “Eravamo su due auto, io con mio fratello e un’altra persona e nell’altra il nostro amico italiano con la moglie e i figli. Dovevamo andare al mare a Sirolo. Noi eravamo un po’ dietro e quando siamo arrivati, abbiamo visto Danilo che veniva picchiato dall’algerino in mezzo alla strada. Mio fratello aveva molto rispetto per Danilo perché è grazie a lui che aveva iniziato a lavorare e mettere i soldi da parte per far venire anche me in Italia. Mio fratello è sceso per dividerli e ha detto all’assisano ‘Fermati, che fai, non vedi che ci sono una donna e due bimbi piccoli?’ Poi sono sceso anche io”.

La situazione secondo il giovane a quel punto sembrava essersi risolta, con l’algerino che si stava allontanando ma che poi avrebbe tirato fuori dall’auto la fiocina. E ha sparato. Sul caso indagano i carabinieri di Osimo, il Norm e il nucleo investigativo.

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