Chi era Dino Grandi, il gerarca fascista che sfiduciò Mussolini nella lunga notte del 25 luglio 1943
Dino Grandi è ricordato come l'uomo che il 25 luglio del 1943 fece cadere Benito Mussolini. "Sto andando alla riunione del Gran Consiglio dove, come sai, cercherò di rimuovere il Duce e ripristinare la Costituzione", disse alla moglie. E infatti poche ore dopo il Duce venne arrestato.
Alla sua figura è dedicata la fiction "La lunga notte" con Alessio Boni in onda a partire da lunedì 29 gennaio su Rai 1: la miniserie si apre proprio con la fine della parabola di Mussolini, ricostruendo le ultime settimane del fascismo dopo 20 anni di potere. Ecco chi è Dino Grandi e perché questo personaggio è importante per la storia d'Italia.
Chi era Dino Grandi, l’autore dell’ordine del giorno che provocò la caduta di Mussolini
Nato a Mordano nel 1895 da una benestante famiglia romagnola, Dino Grandi è passato alla storia per la presentazione dell'omonimo ordine del giorno al Gran consiglio del fascismo del 25 luglio 1943 che portò alla destituzione di Benito Mussolini. Dopo aver frequentato la facoltà di giurisprudenza all'Università di Bologna, si appassionò sin da giovane alla politica nazionale. Prima degli anni Venti del Novecento cominciò a seguire proprio Mussolini.
Si iscrisse al Fascio di combattimento di Bologna, dove assunse in breve tempo un ruolo di primo piano. Gli fu affidata la direzione del settimanale "L'Assalto", l'organo del movimento, e fu eletto nel direttorio. Poi, nel 1921 fu eletto segretario regionale. Ma il suo ingresso nella leadership fascista era ancora in fase embrionale.
La carriera politica: la presidenza alla Camera e gli incarichi di Governo
Grandi fu sottosegretario all'Interno tra 1924 e il 1925 e agli Esteri dal 1925 al 1929, con Mussolini ministro ad interim, e ministro degli Esteri dal 1929 al 1932, quando lasciò il suo incarico a capo del ministero per andare nel mese di luglio a Londra, dove rimase come ambasciatore d'Italia nel Regno Unito fino al 1939. Sempre nel 1939 fu ministro della Giustizia.
Poi con la morte nel giugno 1939 del presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, Costanzo Ciano, si dovette trovare un successore. E la scelta ricadde su Grandi, che il 30 novembre 1939 assunse l'incarico, mantenendo anche quello di Guardasigilli fino al febbraio 1943.
Perché convocò l’ordine del giorno Grandi contro Mussolini
Dino Grandi, come abbiamo visto, fu l'autore dell'ordine del giorno presentato alla riunione del Gran consiglio del fascismo del 24-25 luglio 1943 al termine della quale Benito Mussolini fu messo in minoranza. Il che provocò la fine del fascismo. A renderlo possibile furono una serie di mosse strategiche volute dallo stesso Grandi e dal Re Vittorio Emanuele III. Grandi era profondamente convinto che gli sbagli di Mussolini avevano posto in pregiudizio la sopravvivenza stessa del fascismo e per questo bisognava fare qualcosa.
La votazione sull’ordine del giorno presentato da Dino Grandi, che prevedeva la sfiducia a Mussolini, avvenne alle 2:30 del 25 luglio: 19 votarono a favore, 7 furono contrari, uno si astenne.
Poi ad agosto del 1943 fu inviato in Spagna con l'incarico di stabilire un primo contatto con gli Alleati, ma il suo tentativo fu inutile, perché meno di un mese dopo, l'8 settembre 1943, l'Italia si arrese senza condizioni. L'allora presidente Usa Franklin Delano Roosevelt decise però di porre il veto alla sua candidatura a nuovi incarichi di governo segnò la fine della sua carriera politica.
La vita privata: la moglie e i figli
Per quanto riguarda la sfera personale, Grandi era sposato con Antonietta Brizzi, bolognese d'origine, sofisticata e colta, sempre al fianco del marito nella vita politica e sociale. Dal loro matrimonio nacquero due figli, Franco, deceduto nel 2004, e Simonetta. Ma per il resto, non si sa molto.
La morte di Dino Grandi e la tomba al cimitero monumentale a Bologna
Dopo la fine del fascismo, Grandi si trasferì in Spagna, poi in Portogallo e infine in America Latina. Visse soprattutto in Brasile, poi negli anni Sessanta tornò in Italia. Dopo qualche anno trascorso nelle campagne di Modena, prese casa a Bologna nel centro storico, dove morì nel 1988 poco prima di compiere 93 anni. È sepolto nel cimitero monumentale della Certosa di Bologna.