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Chi era Alessio Ghersi, il capitano delle Frecce Tricolori precipitato e morto a Udine

Padre di due figli, Ghersi aveva iniziato la sua carriera nel 2007. Dopo aver frequentato le scuole  di volo, era stato assegnato al 4° Stormo di Grosseto.
A cura di Davide Falcioni
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Trentaquattro anni, una moglie, due figli e un'infinità di passioni, a partire dalla sua Harley Davidson e dalla chitarra. Alessio Ghersi, pilota delle Frecce Tricolori originario di Domodossola, è morto ieri pomeriggio dopo essere precipitato nell'alta Val Torre, in provincia di Udine, mentre pilotava un aereo ultraleggero in compagnia di un parente, anch'egli deceduto nello schianto. L'incidente è avvenuto intorno alle 18.30 di ieri. Il Pioneer 300 era decollato da Campoformido, poi è successo il dramma, da terra testimoni hanno visto un nuvola di fumo.

Secondo la nota dell'Aeronautica Militare, Ghersi aveva iniziato la sua carriera nel 2007. Dopo aver frequentato le scuole  di volo, era stato assegnato al 4° Stormo di Grosseto, dove aveva conseguito la qualifica di pilota combat ready sul veivolo Eurofighter, svolgendo attività di difesa aerea sia in ambito nazionale sia in missioni Nato. Recentemente aveva preso parte alla sua quinta stagione acrobatica con la Pattuglia Nazionale. Ghersi avrebbe concluso il tradizionale periodo di addestramento della formazione domani, lunedì Primo Maggio, a Rivolto. L'evento è stato sospeso dall'Aeronautica Militare in segno di lutto.

Ghersi raccontava con orgoglio il suo impegno con la Pattuglia acrobatica: "Il nostro compito è quello di essere da esempio di tutto il saper fare degli uomini e delle donne dell'Aeronautica Militare e in generale di tutte le forze armate. E quando ci esibiamo all'estero mostrare il Made in Italy, il bello che il nostro Paese sa ancora esprimere". Diceva inoltre che, al di là delle difficoltà tecniche e delle manovre "il bello delle Frecce Tricolori è lo stretto legame con la gente: è davvero impareggiabile il calore e la vicinanza che il pubblico ci dimostra in ogni occasione".

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