“Non aveva fatto nulla e non era un pericolo”: l’avvocata del 23enne picchiato da un carabiniere a Modena
"Il mio assistito era alla pensilina dell'autobus che prende tutti i giorni per andare al lavoro in un ristorante fuori Modena, dove è aiuto cuoco. È stato avvicinato dai carabinieri, uno dei quali nel corso dell'udienza di convalida del fermo ha dichiarato di essersi insospettito perché il mio cliente si guardava intorno con fare a suo dire circospetto, come per cercare qualcuno. Gli hanno chiesto i documenti, lui ha risposto che li aveva dimenticati a casa e che avrebbe chiamato un amico per farseli portare. Da lì, la violenza delle forze dell'ordine". È la ricostruzione fornita a Fanpage.it dall'avvocata Barbara Bettelli, che difende il giovane picchiato ieri dai carabinieri durante un controllo nel centro di Modena. Un vero e proprio pestaggio ripreso in un video girato da un testimone e diventato virale.
Le parole dell'avvocata del 23enne
Calci e schiaffi, secondo la ricostruzione dell'avvocata Bettelli, sarebbero stati la risposta dei militari al rifiuto del 23enne di essere trasportato in caserma per il fotosegnalamento e l'identificazione. Tuttavia, evidentemente, i carabinieri hanno ecceduto in modo del tutto immotivato nell'uso della forza. I due, infatti, avevano davanti un ragazzo di 23 anni, spaventato e minuto: "Il mio assistito – spiega la legale – è alto circa un metro e cinquanta e molto gracile. Non avrebbe mai potuto costituire un pericolo per due militari in uniforme e dubito fortemente che possa aver danneggiato l'auto dei carabinieri".
La storia del ragazzo picchiato a Modena
Il giovane è in Italia da sette anni, non ha precedenti penali, è in possesso di regolare permesso di soggiorno e contratto di affitto: è sbarcato nel nostro Paese ancora minorenne arrivando a bordo di un barcone. Non ha avuto modo di studiare, tanto che sa a fatica leggere e scrivere, e fin da subito si è dato da fare per cercare un lavoro, trovandolo in un ristorante della provincia di Modena prima come lavapiatti, poi come aiuto cuoco. Ogni mese invia una parte dello stipendio alla sua famiglia rimasta in Guinea. "Il suo datore di lavoro è un signore meridionale che gestisce un ristorante. Mi ha detto che lo ha praticamente cresciuto come un padre, che è un bravissimo ragazzo, puntuale sul lavoro e gentile anche fuori".
Dopo essere stato rimesso in libertà dal giudice, che non ha ravvisato nel 23enne nessuna pericolosità, il giovane ha dovuto fare ricorso alle cure mediche per curare le botte ricevute dal carabiniere. "Voglio denunciare, non ho fatto nulla, mi hanno picchiato senza motivo", ha detto all'Ansa.