Chi è Franco Battaggia, il re del pesce: l’uomo è accusato dell’omicidio di Anica Panfile
Franco Battaggia, 77 anni, è stato arrestato dai Carabinieri di Treviso, su disposizione della Procura: è accusato di aver ucciso Anica Panfile, la 31enne di origini romene trovata morta il 21 maggio 2023 nel fiume Piave a Spresiano, e aver cercato di occultare il suo corpo.
Il 77enne di origini veneziane, commerciante di pesce ed ex datore di lavoro della donna, che prestava presso di lui servizio come domestica, era finito sotto inchiesta nel giugno scorso. L'arresto è arrivato in conseguenza dei gravi elementi indiziari raccolti nel corso delle indagini effettuate nei suoi confronti, avvalorati dalle risultanze della consulenza medico-legale che hanno evidenziato un trauma cranio-cerebrale, l'asfissia da soffocamento e un'intossicazione acuta da cocaina.
Chi è Franco Battaggia
In passato Battaggia, classe '46, era stato legato alla criminalità trevigiana e alla Mala del Brenta ed era diventato noto alle cronache criminali venete come il "boss del pesce" per fatti di sangue fra gli anni '80 e '90. Come ricostruito dal Corriere del Veneto, il primo episodio risale al 1973, quando venne arrestato dalla polizia mentre trasportava insieme al fratello Galliano una borsa piena di armi.
Nel 1982, dopo essere diventato il principale commerciante di pesce di Treviso, venne accusato di bancarotta fraudolenta e arrestato, dopo una prima breve latitanza. Nell'88 Battaggia fu responsabile dell'omicidio di un pastore abruzzese di 30 anni, Vincenzo Ciarelli. Sul suo corpo, trovato il 12 novembre nelle campagne di Marghera incaprettato e immerso in una vasca, furono trovati anche due proiettili.
La fuga in Francia e la latitanza in Ecuador
A quel punto l'oggi 77enne si diede alla fuga, scappando prima in Francia, poi in Ecuador, dove venne arrestato ma rimase in cella solo tre giorni. Riuscirono a fermarlo tempo anche in Svizzera, ma Battaggia fuggì nuovamente a piedi verso la Costa Azzurra. Da qui ritornò in Ecuador, dove, nel 1994 venne definitivamente fermato, riportato in Veneto e condannato a 18 anni da scontare in carcere.
Tornato poi in semilibertà nel 2010, evase ancora una volta dai domiciliari, rimanendo latitante per nove mesi. Non fu condannato, però, perché riuscì a dimostrare ai giudici che era a casa ma che non aveva risposto ai carabinieri poiché imbottito di farmaci dopo un intervento.