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Elena Ceste: storia di un omicidio premeditato

Ceste, Michele Buoninconti dal carcere: “Sogno la mia amata Elena di notte: mi sorride”

Dal carcere dove è recluso per aver assassinato la moglie Elena Ceste, l’ex vigile del fuoco Michele Buninconti scrive: “Sogno Elena la notte con i nostri figli: perché è accaduto a lei?”. La corte di Cassazione lo ha condannato con sentenza definitiva lo scorso maggio, ma Buoninconti continua a professarsi innocente.
A cura di Angela Marino
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"Sogno Elena vestita di bianco, mi apre le braccia e mi sorride". Così scrive Michele Buoniconti dal carcere dove è recluso per l'omicidio della moglie Elena Ceste, la donna cui si riferisce nella lettera indirizzata al suo avvocato e diffusa nella puntata del 14 dicembre del programma ‘Quarto Grado'. Il vigile del fuoco di Costigliole d'Asti è è stato condannato in via definitiva lo scorso maggio per il delitto avvenuto quattro anni fa. Secondo la ricostruzione processuale ha strangolato a morte la madre dei suoi quattro figli e ne ha abbandonato il corpo nel Rio Mersa, a due chilometri da casa, dove è stato trovato dieci mesi dopo. In un colloqui in carcere con un'amica, dopo pochi mesi di reclusione dichiarò: "Il carcere? È come una vacanza per me".

La lettera dal carcere

“Caro Enrico, so che questi giorni ti recherai al cimitero dai tuoi cari (la lettera è stata scritta il 30 ottobre 2018, ndr) a me purtroppo non è concesso. Io pregherò nel silenzio della mia cella di notte. Spero che le mie preghiere vengano esaudite. Chissà quando mi permetteranno di portare un fiore sulla tomba della mia amata Elena”. “Ancora non riesco ad accettare ciò che è accaduto. Perché a lei? Non poteva stare ancora un altro po’ con i suoi figli che tanto amava? Col dolore nel cuore ti scrivo queste cose: Perché? Perché? Non c’è notte che non le rivolgo le preghiere con la speranza di venirmi in sogno. Spesso riesco a sognarla. Il più delle volte vestita di bianco. All’inizio diceva che non poteva farsi toccare, ora apre le sue braccia e mi bacia, il più delle volte circondati dai nostri figli che sono contenti di averci a casa … Chissà quando finirà questa sofferenza alla quale si aggiunge la disperazione di non essere creduto”.

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