Cesare Battisti catturato: cosa rischia al suo arrivo in Italia
La fuga di Cesare Battisti è finita. Il terrorista, originario di Cisterna di Latina, è stato arrestato a Santa Cruz, la città più popolosa della Bolivia alle prime luci dell'alba, ora italiana, di oggi, domenica 13 gennaio, al termine di un'operazione condotta dall'Interpol e grazie alla collaborazione delle forze dell'ordine italiane e di quelle brasiliane. Un aereo del governo di Roma sarebbe già in volo, diretto nel paese sudamericano. L'arrivo è previsto per le 17 di oggi, ora italiana, ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ma, come sottolineano fonti governative, questo non significa che ripartirà subito. anche perché non è ancora stato chiarito se prima di esser estradato in Italia Battisti passerà o meno dal Brasile.
La latitanza in Brasile e la fuga in Bolivia
Fonti del Viminale, tuttavia, non escludono che Battisti possa rientrare nel Belpaese già tra oggi e domani. Ma cosa succederà una volta che il terrorista ritornerà a casa? Procediamo con ordine. Prima di tutto, bisogna ricordare che Battisti nel nostro Paese è stato condannato all'ergastolo per quattro omicidi commessi personalmente o dal suo gruppo terrorista, i Proletari armati per il comunismo, tra il 1978 e il 1979: quelli del maresciallo Antonio Santoro e dell'agente Andrea Campagna, nei quali agì materialmente, e quelli del macellaio Lino Sabbadin e del gioielliere Pierluigi Torregiani, dei quali fu co-ideatore. Negli anni è stato latitante in Francia, Messico e Brasile, mentre continuava a dichiararsi innocente. Proprio in quest'ultimo paese, dove pare sia arrivato nel 2007, è stato in carcere quattro anni. Poi l'allora presidente Lula decise di negare l'estradizione chiesta dal governo italiano, concedendogli la residenza. Non sono stati dello stesso avviso i suoi successori: prima Michel Temer, presidente dal 2016 al primo gennaio 2019, e poi il neo presidente Jair Bolsonaro si sono dichiarati favorevoli a consegnare Battisti all'Italia. La giustizia brasiliana ha sbloccato la vicenda nel dicembre 2018, con la nuova richiesta di arresto.
Le due ipotesi per l'estradizione in Italia
Proprio il mese scorso, Battisti ha fatto perdere le sue tracce, scappando presumibilmente in Bolivia, dove è infine "finita la sua pacchia", come ha dichiarato il vicepremier Matteo Salvini. Le autorità boliviane non si sono ancora pronunciate, ma ci sono due ipotesi: l'espulsione di Battisti direttamente in Italia o attraverso il Brasile, il quale lo consegnerebbe solo in un secondo momento alle nostre autorità. In ogni caso, una volta che rientrerà a Roma, il terrorista dovrà scontare la sua condanna, come ha confermato anche il premier Giuseppe Conte.
"Ad attenderlo qui da noi – ha scritto il presidente del Consiglio su Facebook – ci saranno le nostre carceri affinchè possa espiare le condanne all'ergastolo che i tribunali italiani gli hanno inflitto a suo tempo con sentenze passate in giudicato, non certo a causa delle sue idee politiche, bensì per i quattro delitti commessi e per i vari reati connessi alla lotta armata e al terrorismo". Non c'è, dunque certezza sui tempi di esecuzione dell'operazione. Secondo Salvini, Battisti potrebbe essere estradato in Italia entro la metà della prossima settimana, sottolineando che i due Paesi stanno lavorando per trovare una rapida soluzione.
Cesare Battisti farà 30 anni di carcere
Tuttavia, una volta in Italia, per Battisti non ci sarà l'ergastolo, ma dovrà scontare la condanna a 30 anni di carcere. Questo per via di un accordo stipulato tra Italia e Brasile nel 2017, quando ministro della Giustizia era Andrea Orlando. Il motivo è stato spiegato da Raffaele Piccirillo, ex direttore degli Affari di Giustizia del ministero. "In Brasile non c'è l'ergastolo, è vietato dalla Costituzione: per questo l’Italia si è impegnata per garantire che non sarà applicato a Battisti – ha spiegato -. Questo è frutto dell’accordo, della cosiddetta condizione accettata, concluso il 5 e 6 ottobre del 2017. Per cui a Battisti, una volta estradato, sarà applicata la pena massima di 30 anni. L'autorità che doveva concedere l’estradizione, ossia il Brasile, ha apposto la condizione legata all'ergastolo e il ministro della Giustizia l'ha accettata".