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Gli italiani non hanno fiducia nella scuola: non è più strumento di mobilità sociale

L’allarme lanciato dal Censis: studiare non funziona più da ascensore sociale e il sistema educativo sta perdendo la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali. La sfiducia favorisce gli abbandoni scolastici.
A cura di Susanna Picone
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Studiare non funziona più da ascensore sociale: a lanciare l’allarme è il Censis in uno studio, “Il vuoto della sfiducia crescente nella scuola”, messo a tema nell’ambito dell’annuale appuntamento di riflessione di giugno “Un mese di sociale”, quest’anno dedicato al tema “I vuoti che crescono”. Studiare non funziona più da ascensore sociale e il sistema educativo sta perdendo la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali. Dallo studio del Censis emerge che al primo ingresso nel mondo del lavoro solo il 16.4% dei nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella scala sociale rispetto alla condizione di provenienza, mentre il 29.5% ha sperimentato una mobilità discendente rispetto alla famiglia di origine. La scuola non sa più come svolgere la funzione di riequilibrio sociale per quanti provengono da famiglia svantaggiate. Guardando, ad esempio, i dati sull’abbandono scolastico si può notare che si tratta di un fenomeno marginale tra i figli dei laureati ma sale tra quelli dei diplomati e interessa quasi uno studente su tre se i genitori hanno frequentato solo la scuola dell’obbligo.

Sfiducia nella scuola, anche l’università perde iscritti

La sfiducia favorisce gli abbandoni scolastici: nello specifico, nell’anno scolastico 2013/2014, risulta disperso nell’arco di un quinquennio il 27.9% degli studenti. Per quanto riguarda l’università, l’andamento delle immatricolazioni mostra un calo negli ultimi anni. Rispetto all’anno precedente, nell’anno accademico 2011/2012 si sono registrate circa 9.400 immatricolazioni in meno. Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/2010 al 47,3% del 2011/2012. E chi si iscrive tende a stancarsi presto e ad abbandonare gli studi. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. E chi può, emerge ancora dai dati del Censis, va a studiare all’estero: +51% di iscrizioni in atenei stranieri in quattro anni.

Fiducia in crisi sin dagli asili

La fiducia, dice il Censis, è in crisi sin dagli asili: solo il 55% dei comuni italiani ha attivato infatti servizi per l'infanzia arrivando a soddisfare appena il 13,5% dell'utenza potenziale. Problemi organizzativi, carenza di posti disponibili, scarsità di risorse finanziarie, aumento dei costi da sostenere e altro ancora finiscono per incrinare il rapporto fiduciario tra le famiglie e il sistema scolastico. “Pesante” anche il rapporto tra insegnanti (gli italiani sono i più vecchi tra i Paesi Ocse) e i genitori: il 24,6% dei dirigenti scolastici sottolinea, ad esempio, che l'atteggiamento collaborativo da parte delle famiglie è diminuito in maniera significativa.

La domanda di lavoro concentrata su livelli di studio bassi

Tra il 2008 e il 2013 – dice ancora il Censis – la domanda di lavoro in Italia ha continuato a concentrarsi soprattutto sui livelli di studio bassi, gli unici a registrare un andamento positivo a scapito sia dei titoli medi che di quelli più elevati. Il fenomeno dell’“overeducation” nel mercato del lavoro riguarda sia quelle che sono considerate le lauree “deboli” (come quelle in scienze sociali e umanistiche, 43,7%) sia le lauree ritenute più forti (come quelle in scienze economiche e statistiche, 57,3%), e tocca anche un ingegnere su tre. Oggi in Europa due terzi dei giovani tra 18 e 29 anni si dichiarano ottimisti verso il futuro, in Italia – dice il Censis – la percentuale si ferma al 47,8%.

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