Cecilia Sala racconta i giorni in carcere: “Passavo il tempo contandomi le dita, ho riso guardando il cielo”
Dopo il rientro in Italia dal carcere di Evin, Cecilia Sala ha raccontato la sua esperienza nella puntata del podcast Stories. Ad intervistarla è stato Mario Calabresi, suo direttore. Tanta l'emozione nella voce della giornalista che dal 19 dicembre è stata prigioniera in una cella di isolamento del carcere di massima sicurezza iraniano.
"Sono confusa ma felicissima di essere tornata a casa – ha sottolineato la giornalista durante il podcast -. Mi devo abituare, non ho riposato questa notte per la gioia e quella prima ancora per l'angoscia però sto bene e sono molto contenta". Sala ha ricordato che sull'arresto avvenuto in Iran, dove si trovava con un regolare visto giornalistico, è in corso un'inchiesta. "Non mi è stato spiegato perché mi trovavo in carcere o perché fossi in quella cella. Io in Iran volevo tornare da tanto tempo perché ci sono persone alle quali sono affezionata. Questo lavoro ti permette di conoscere tanta gente e alcune persone bucano lo scudo che ci si crea per evitare di essere investiti dalla sofferenza altrui. Queste ‘fonti' diventano amici ed ero felicissima di poterli rivedere".
La reporter ha dichiarato che proprio il giorno prima dell'arresto aveva realizzato per il suo Podcast un'intervista relativa proprio al carcere di Evin e alla condizione di isolamento. "Quella puntata non è mai uscita – ha spiegato -. Probabilmente verrà pubblicata, un giorno o l'altro". Sala aveva raccontato la storia di una comica antiregime che, proprio in una cella del carcere di Evin, era riuscita a ridere in un paio di occasioni.
"Ricordare quel racconto mi ha dato tanta forza nei giorni successivi. Anche io sono riuscita a ridere un paio di volte. La prima è stata quando ho visto il cielo nel cortile della prigione, la seconda quando ho sentito il canto buffo di un uccellino fuori da una finestra. Per scandire le giornate mi davo delle scadenze, mi ripetevo ogni giorno che forse quel pomeriggio mi avrebbero portato in cortile. Cercavo di darmi uno scopo. La cosa che rende più difficile la permanenza in carcere, infatti, è il silenzio. Alcuni giorni mi contavo le dita per passare il tempo o leggevo gli ingredienti del pane, l'unica cosa in inglese che potevo leggere".
Sala: "Quando mi hanno detto che sarei stata liberata ho pensato a un trucco"
Sala ha raccontato di non aver ricevuto libri per lungo tempo e di non aver potuto indossare gli occhiali fino agli ultimi giorni di permanenza nella prigione, quando ha saputo che sarebbe stata liberata.
"In un primo momento ho pensato a un trucco, poi ho capito che forse era la verità. Nel frattempo era arrivata nella mia cella un'altra prigioniera. Lei non parlava bene l'inglese. Nel tempo che abbiamo trascorso insieme io le ho insegnato alcune parole e lei mi ha insegnato un po' della sua lingua. Facevamo dei giochi semplici per tenerci impegnate e guardavamo il riflesso del sole da una finestrella che per alcune ore ci permetteva di capire almeno in quale momento della giornata fossimo. Quando le ho detto che sarei andata via, mi sono sentita fortunata ma anche in colpa. Penso molto a lei, alle persone che sono in quel carcere e alla fortuna che ho avuto".
"Non credevo che sarei tornata a casa così presto – ha continuato la giornalista con voce commossa -. Ho fatto molte previsioni, anche molto negative sul mio destino e in nessuna era previsto che io oggi fossi già qui a raccontare la mia esperienza. Ho pensato tanto a quello che sarebbe successo e nonostante questo, quando non puoi fare nulla, la tua testa non si stanca e non riesci a dormire. La cosa che volevo maggiormente era un libro, la storia di qualcun altro per uscire di lì, qualcosa sulla quale concentrarmi".
La richiesta di avere dei libri, gli occhiali e una penna per scrivere
Mario Calabresi ha chiesto alla giornalista quante volte abbia espresso il desiderio di ricevere qualcosa da leggere. "A Capodanno pensavamo che avessi ricevuto i dolci o libri. Questo non è successo. Non pensavamo che fosse proprio questo il trattamento e scoprirlo ci ha sconvolti" ha affermato, domandando poi a Sala se avesse avuto la possibilità di parlare con i secondini del carcere.
"Ci sono tante cose che non posso raccontare perché c'è un'indagine in corso – ha ricordato la giornalista -. Posso dire però che io non vedo senza occhiali e che per lungo tempo non li ho avuti. Non ho avuto però neppure delle lenti a contatto. Gli occhiali mi sono stati restituiti gli ultimi giorni perché erano pericolosi, potevano trasformarsi in un'arma: chiunque può rompere un vetro e usarlo per tagliarsi. Neppure scrivere mi è stato concesso: non ho potuto avere una biro perché anche questa si può trasformare in un'arma. A un certo punto ricordo di aver chiesto il Corano in inglese perché credevo fosse l'unico libro in quella lingua disponibile in un carcere di massima sicurezza della Repubblica Islamica e ho anche detto che non era necessario riavere gli occhiali, che avrei potuto leggere avvicinando molto il volume al viso. Neanche in questo modo sono stata accontentata".
L'arresto in albergo e l'interrogatorio
Il giorno dell'arresto, Sala stava lavorando a una puntata del podcast nella sua stanza d'albergo. "Qualcuno bussava con insistenza alla mia pota, credevo fosse lo staff dell'hotel e non ho aperto dicendo che stavo lavorando e che non avevo bisogno di nulla. Hanno continuato ad insistere e lì ho capito che erano poliziotti. Non mi è stato spiegato nulla, in un primo momento ho sperato fosse una cosa rapida. Dalla prima domanda dell'interrogatorio ho capito che non sarebbe stato così".
"Qualche ora prima del fermo avevo letto la notizia dell'arresto avvenuto a Milano (l'iraniano Mohammad Abedini ndr) e ho pensato, tra le varie ipotesi, che il mio arresto potesse essere legato a quello. Ho pensato che potesse esserci l'intenzione di usarmi. Per questo credevo che lo scambio sarebbe stato molto difficile e che sarei rimasta ad Evin ancora a lungo. Ci sono tante persone che sono in quelle celle da tempo e loro erano per me gli esempi. Penso a loro moltissimo, soprattutto dopo essermi trovata in questa situazione. Quando ho saputo che sarei tornata a casa, ho subito pensato alla mia compagna di cella, al fatto che sarebbe rimasta sola. Credo che ci sia un piccolo senso di colpa dei fortunati in me adesso".
Sala ha spiegato di aver preso in considerazione prima di partire l'eventualità di un arresto. "Ho chiesto a tante persone un consiglio per il visto. Si tratta di persone che magari non possono più tornare nel loro Paese che mi hanno detto che molto probabilmente facevo parte di un'apertura del governo ai reporter stranieri. Recentemente, infatti, in Iran era entrata la CNN e non è una cosa da poco. Ho creduto anche io a questa ipotesi e probabilmente inizialmente era così, poi però le cose sono cambiate durante il mio soggiorno nel Paese".
Gli interrogatori quotidiani nel carcere di Evin
La giornalista ha ricordato di essere stata interrogata ogni giorno per quasi due settimane e che poi quegli interrogatori erano diventati meno frequenti. "Alcune delle cose che mi chiedevano erano probabilmente di loro interesse – ha spiegato -. Altre invece mi erano probabilmente state chieste per confondermi. Un'accusa nei miei confronti non è mai stata formalizzata, quando ho chiesto mi è stato solo detto che avevo commesso ‘crimini diversi in tanti luoghi diversi'".
"Nella mia testa – ha spiegato – ho anche avuto paura per la mia vita. Non sono mai stata minacciata fisicamente, sottolineiamolo, ma le accuse gravi seppur vaghe mi hanno spinto anche a riflettere sul fatto che ci sono pene definitive in quel Paese e quando hai questa consapevolezza, hai anche paura di morire".
Il giorno della scarcerazione e la corsa in aeroporto
La giornalista ha saputo della propria scarcerazione il giorno stesso in cui è salita su un aereo per raggiungere l'Italia. "Alle 9 di mattina" ha spiegato a Calabresi che la intervistava. "Sono andata subito in aeroporto. Non avrei comunque trascorso altro tempo lì una volta uscita dal carcere. Loro mi hanno accompagnato in auto e io, che ancora credevo ci fosse il trucco, mi sono goduta i paesaggi e la vista delle strade. Ho pensato: ‘goditi questi momenti, questa vista e queste persone in strada perché, se davvero ti stanno liberando, potrebbe essere l'ultima volta che vedrai tutto questo.
"Continuo ad amare l'Iran come Paese, non è cambiato nulla in questo. Amo le donne iraniane che indossano fieramente il velo ma non per questo vogliono che esista qualcuno che punisce o intimidisce chi non lo fa. Ho temuto di essere diventata un pericolo per le persone che avevo conosciuto e per quelle che avevo intervistato. Quando sono uscita ho scoperto che erano molto preoccupate per me, anche se alle spalle avevo tanta gente che mi ha protetta e salvata. Sono persone molto generose".