Catasto, parlano gli esperti: “La destra mente, dopo accordo con Draghi la riforma aiuta i ricchi”
"Sulla riforma del catasto la destra mente. La riforma non prevedeva un aumento delle tasse generalizzato e anzi, se si fosse cambiata l'imposizione fiscale sulla casa, si sarebbero aiutate le classi medio-basse a discapito dei più ricchi. L'accordo trovato con Draghi, invece, ci fa tornare indietro di anni". Rocco Curto, professore di Estimo al Politecnico di Torino e Salvatore Giuffrida, docente di Real estate appraisal all'Università di Catania, non hanno dubbi. Per i due esperti, intervistati ai microfoni di Fanpage.it, la riforma contenuta nella delega fiscale, dopo la quadra trovata in maggioranza, è debole. Ai due professori abbiamo chiesto di chiarire cosa comporta la revisione degli estimi catastali e quanto è vero, come sostengono Lega e Forza Italia, che solo con l'ultima intesa è stato scongiurato qualsiasi rischio di aumento delle tasse sulla casa.
Sulla riforma del catasto si è discusso tanto in questi mesi. Ora sembra si sia trovato un accordo in maggioranza. Qual'è l'obiettivo dell'intervento?
Uno dei focus della riforma, per così com'è dopo questo accordo, è fare una mappatura entro il 2026 di tutti gli immobili per favorire l'emersione di quelli cosiddetti "fantasma" da parte dell'Agenzia delle Entrate e aggiornare l'informazione esistente. Si creerà quindi una Banca dati aggiornata, una nuova Anagrafe immobiliare che contiene tutti i dati sugli immobili. Gli immobili non censiti al Catasto, secondo alcune stime sono circa 4 milioni, metà appartenenti a persone fisiche e metà a persone non fisiche, cioè società. In molti casi violano le norme urbanistico-edilizie e di tutela del paesaggio. C'è da dire, però, che la loro emersione è un processo già in atto. Quindi non rappresenta un vero elemento di novità, ma semmai di continuazione. Penso che l'Agenzia si sia attrezzata tecnicamente in modo tale da riuscire a censire sul territorio tutti gli immobili non accatastati. Poi c'è la revisione degli estimi e delle rendite catastali, che costituiscono le basi imponibili di imposte che dipendono dalle aliquote. A prescindere dal tema delle tasse l’aggiornamento dei valori catastali è sostanziale, considerato il livello di iniquità della fiscalità immobiliare: attualmente i valori catastali degli immobili, che costituiscono le basi imponibili, sono random, non corrispondono né ai valori di mercato dei beni né alle caratteristiche dei beni immobiliari. Infine, c'è l'aggiornamento della mappatura delle aree edificabili. Si tratta quindi, di una riforma importante nel suo complesso, almeno sulla carta, utile ai fini della gestione del territorio e per la riforma della pubblica amministrazione. Diciamo almeno sulla carta soprattutto dopo gli ultimi sviluppi.
Intende l'accordo trovato tra Draghi e il centrodestra?
Sì. Il valore dei beni immobiliari è determinato dal mercato da cui dipendono i valori patrimoniali. Le rendite di per sé sono in grado di rappresentare il valore di un segmento molto piccolo di beni ossia dei beni che producono un reddito. Secondo l'ultimo accordo pare che verrà eliminato dalla nuova mappatura ogni riferimento ai valori patrimoniali degli immobili. In questo modo si fa un passo indietro di decenni rispetto a quello che si sarebbe dovuto fare: è il mercato della compravendita che dà il valore dei beni e solo considerando i valori patrimoniali è possibile differenziare i valori tra i beni immobiliari che presentano differenti caratteristiche fisiche e ubicazionali. Si stava finalmente andando con una serie di riforme dal 2007 ad oggi da un Catasto di redditi a uno di valori, ora invece torniamo indietro.
In che senso?
Una volta si riteneva che un bene valesse in funzione di quanto rende e il sistema del Catasto, che risale agli anni '70, riflette quello schema. Oggi, soprattutto in conseguenza del rapido sviluppo del settore immobiliare e in particolare con la sua finanziarizzazione, il valore dipende dal mercato e dalle sue prospettive future. Il valore catastale, invece, in Italia si calcola moltiplicando per un certo numero di anni-reddito le rendite catastali fissate da decenni e ormai anacronistiche. Questo moltiplicatore è diverso per i tre principali segmenti, residenziale, direzionale e commerciale, ma non dipende dalla localizzazione geografica e territoriale. Prescinde quindi dalle principali variabili che regolano il rapporto tra la rendita (annuale) e il valore di mercato. Per stimare in modo più giusto il valore della proprietà immobiliare bisogna partire dai dati del mercato immobiliare, cioè occorre determinarli sulla base dei valori determinati dal mercato immobiliare a partire dalle compravendite. Se non lo si fa permarranno le ingiustizie e probabilmente aumenteranno ulteriormente.
È vero quindi che ci sono disuguaglianze nell'imposizione fiscale diretta (penso all'Imu) e indiretta (come le imposte di registro e l'Iva tramite l'Isee) tra centro e periferie? E la riforma non cambierà nulla?
Con questa riforma si rischia di far poco, perché si rimane a un Catasto di rendite e non a un Catasto di valori patrimoniali. E poi in generale bisognava avere più coraggio e riformare il sistema di imposizione immobiliare, cosa possibile senza aggravare l’attuale carico fiscale, a parità di gettito. Le disuguaglianze ci sono eccome. Pensiamo a Torino: nelle aree più degradate in cui i valori immobiliari sono caduti negli ultimi dieci anni, i valori catastali sono maggiori. Questi abitanti, che sono economicamente più fragili, pagano più tasse di quanto non dovrebbero pagare. Considerando invece le aree centrali di Torino, che negli ultimi anni hanno visto valori immobiliari crescere alle stelle, si trovano valori catastali tre volte inferiori ai valori di mercato. Questo vuol dire che le persone più ricche pagano meno tasse di quanto non dovrebbero, mentre i più poveri esattamente il contrario. Al Politecnico di Torino si è fatta poi una indagine in sei grandi città italiane, analizzando gli immobili venduti ai valori più elevati. A Milano case immesse a 2/3 milioni di euro sono accatastate con classe A3, cioè economiche, e non pagano l'Imu in misura corrispondente al loro reale valore patrimoniale.
Il centrodestra, però, dice che eliminando il legame tra catasto e prezzo di mercato si sarebbe dato il via ad un aumento delle tasse per tutte le fasce di popolazione.
La destra mente. Innanzitutto, perché lo status quo del Catasto fa continuare a pagare più tasse ai proprietari delle aree più fragili i cui valori catastali sono superiori ai valori di mercato mentre continua a mantenere i privilegi degli strati più ricchi della popolazione i cui valori catastali sono infinitamente più bassi dei valori di mercato. Se non si riformano i valori catastali il prezzo di questa mancata riforma sarà pagato dagli strati sociali più poveri che in gran parte costituiscono l’elettorato della destra. Il punto è che gli esponenti di alcuni partiti fanno scattare un blocco politico contro la riforma del Catasto e omettono di dire che se il Catasto non lo si riforma ne pagheranno il prezzo coloro che sono più deboli, i proprietari nelle periferie più degradate, nelle aree interne, con l’effetto di un impoverimento ulteriore degli strati sociali già gracili.
Bisognava andare fino in fondo e cambiare la tassazione sulla casa, insomma?
Sì, sarebbe stata un'operazione di equità tra strati sociali e aree territoriai deboli e forti. Il problema dell'iniquità della fiscalità immobiliare va affrontato in tutta la sua complessità e questo non significa introdurre una patrimoniale, come abbiamo letto dire a qualche esponente del centrodestra sul vostro giornale, perché la delega fiscale non interviene né sulle tipologie di imposta e nemmeno sulle aliquote da cui le imposte dipendono. La riforma è un atto di giustizia sociale da cui un paese moderno e civile non può più prescindere.
Consigliate quindi alla maggioranza di rivedere la riforma?
In generale, la politica dovrebbe affidarsi più ai dati e alle analisi che alla propaganda. Con questa riforma le rendite catastali di tutto il patrimonio italiano andranno ridefinite. Se invece si partisse dai valori di mercato si farebbe prima e si garantirebbe maggiore giustizia sociale, eliminando i privilegi che oggi permangono.