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Catania, picchiato e minacciato perché denuncia la mafia

Luciano Bruno, web writer e artista catanese, vittima di un pestaggio a Catania per la sua inchiesta sugli affari illeciti del quartiere di Librino. L’intervista.
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Luciano Bruno, artista catanese  e collaboratore per la testata giornalistica online I Siciliani Giovani, è rimasto vittima il 10 gennaio scorso di un episodio di stampo mafioso. Picchiato e minacciato nel quartiere-ghetto di Librino alla periferia di Catania: incisivi rotti, una pistola puntata alla tempia e minacce rivolte a lui e i suoi familiari, come lui stesso racconta nell’ intervista rilasciata a Bloglive.it, che riprendiamo.

"Ero a Librino, stavo facendo delle foto per un giornale per cui collaboro, I Siciliani Giovani. Mi era stata commissionata un’inchiesta dal giornale e mi ero recato a fotografare il noto Palazzo di Cemento. Mi hanno circondato sei persone e uno di loro mi è venuto addosso, mi ha dato uno schiaffo, rompendomi gli incisivi. Sono caduto a terra e lui cercava di staccarmi la macchina fotografica. Mi ha dato un calcio mentre io facevo resistenza per la macchina. Mi ha preso per il colletto del maglione, rialzandomi. Ha messo una mano dentro la giacca, sfilando una pistola che mi ha puntato alla tempia e mi ha minacciato “tanto noi lo sappiamo chi sei”, iniziando a fare i nomi della mia famiglia  ed elencando i miei spettacoli e le mie iniziative finora”.

Come facevano a sapere che si trattasse proprio di te? 

Io vivo a Librino. Mi sono occupato del quartiere, scrivendo diversi articoli di denuncia, e vivo a Catania e so come vanno le cose qui. E poi ho scritto un pezzo teatrale di denuncia su Librino, portato in giro in varie città d’Italia. Mi conoscono”.

Perché fotografavi proprio quell’edificio?

Nel palazzo di cemento di Librino – come è noto – ci sono state sempre varie operazioni di polizia: armi e droga, soprattutto. Essendo io un collaboratore del giornale I Siciliani mi ero recato lì per realizzare la mia inchiesta”.

Hai chiamato subito i soccorsi? Cosa è accaduto dopo?

No. Dopo che questi se ne sono andati, mi sono rialzato da terra, sono andato alla fermata dell’autobus e sono andato via. Non sono andato al pronto soccorso ma dritto a casa. Successivamente ho sporto denuncia”.

In passato avevi ricevuto altre intimidazioni?

Minacce lievi. Una volta sono andato a fotografare il Teatro Moncada e mi hanno detto di non fotografare. Mi è stato chiesto però con toni pacati, quindi l'accaduto non è paragonabile a questo ultimo episodio”.

Da cosa nasce questa tua denuncia contro la mafia e il ricorso anche all’arte – il teatro nel tuo caso – per combatterla?

Il 5 Gennaio 1984 veniva ucciso Pippo Fava. Me ne parlò mio padre; me ne parlarono mio fratello e Riccardo Orioles, il mio direttore attuale. Mi hanno raccontato di lui e quello che faceva. Io venivo da Librino e volevo una Librino diversa: dove lo Stato sia presente. Ogni persona lì fa il suo lavoro, ma poi rimaniamo noi: rimangono Luciano Bruno e le persone comuni.”

Adesso intendi cautelarti? 

Si. Se l’intento era spaventarmi, ci sono riusciti. Ma andiamo avanti”.

Hai paura Luciano, per te e la tua famiglia?

Chi non ne avrebbe. Ma mi sento forte, perché non sono solo. Dietro di me c’è un partito che mi sostiene. Ovviamente ho paura per la mia famiglia”.

Vorresti chiedere qualcosa alle Istituzioni?

Librino è a Sud-Ovest di Catania, 80.000 abitanti, fa parte di Catania, anche se è una zona periferica. Lo Stato, le Istituzioni, dovrebbero intervenire di più. Non basta mandare la polizia. Serve una presenza dello Stato in servizi e strutture. Non basta venire a Librino per fare la campagna elettorale. Il quartiere è abbandonato a se stesso”.

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