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Catania, finalmente ai cittadini la mega villa con piscina confiscata a un politico mafioso

Sequestrato nel 2012, confiscato nel 2017, aperto nel 2020. È la storia di un casolare con piscina, circondato da cinque ettari di agrumeto, nel territorio di Palagonia, in provincia di Catania. L’Agenzia nazionale per i beni confiscati lo ha messo a bando, per affidarlo alle associazioni del terzo settore, e ne ha stimato il valore in oltre 650mila euro. Però il custode non aveva le chiavi dei cancelli. Dopo l’interessamento della Commissione regionale Antimafia e degli attivisti, i lucchetti sono stati spezzati e per la prima volta i cittadini entrano in un’area che fu di uno dei politici condannati nell’inchiesta Iblis del 2010, Antonino Sangiorgi, ex consigliere provinciale Udc. Quella in cui era coinvolto anche l’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo.
A cura di Luisa Santangelo
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Il casolare di Palagonia
Il casolare di Palagonia

Le cassette di olive appena raccolte sono accatastate accanto alla porta di un deposito. Gli operai dell'Enel ci passano accanto mentre verificano i dati del contatore e attestano che tutto è in regola. Eppure, in quella grande villa in mezzo alle campagne di Palagonia, nel Catanese, non dovrebbe metterci piede nessuno almeno dal 2017, data della confisca definitiva. È un'altra delle storie di beni immobili tolti alle mafie a cui si farebbe fatica a credere, se non fosse che gli esempi ormai si accumulano.

Il 3 novembre, la Commissione regionale Antimafia e le associazioni che avevano scovato quel casolare tra gli agrumeti hanno organizzato una conferenza stampa di fronte a un cancello chiuso da un catenaccio. Il coadiutore, cioè il professionista che per conto dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati dovrebbe occuparsi dell'immobile messo a bando, non aveva le chiavi. Né sapeva chi le possedesse. "Un lucchetto appare più forte dello Stato", aveva detto il presidente della Commissione, Claudio Fava. Il coadiutore Angelo Bonomo, che fino a quel momento non aveva detto una parola, si era affrettato a rispondere: "Me ne occuperò al più presto".

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Così l'indomani, di buona lena, Bonomo e le forze dell'ordine si sono presentati a rompere i lucchetti dei privati e a metterne di nuovi, certificando che l'immobile fosse libero. Nonostante poche settimane fa una troupe Rai del TgR Sicilia ci avesse trovato dentro proprio l'ex proprietario, intento a tagliare l'erba. "Visto? Avevo detto che me ne sarei occupato al più presto", ha comunicato ieri Bonomo alle associazioni, per il sopralluogo ufficiale.

"Questa villa è forse il più simbolico tra i beni confiscati nel territorio di Palagonia a seguito dell'inchiesta Iblis", racconta a Fanpage.it l'ex sindaco e adesso consigliere comunale palagonese Valerio Marletta. Il blitz Iblis, dal nome del diavolo in arabo, scatta nel 2010 e racconta gli intrecci tra mafia e politica nel Catanese. L'indagato più illustre è l'allora presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, assieme al fratello Angelo, ex parlamentare del Movimento per l'autonomia. Nei giorni dell'operazione del Ros dei Carabinieri a cadere in disgrazia è, praticamente, un'intera classe politica siciliana.

Tra gli indagati, poi condannato in via definitiva a cinque anni di pena, c'è anche Antonino Sangiorgi, ex consigliere provinciale dell'Udc ed ex presidente del Consiglio comunale di Palagonia, nonché braccio destro dell'ex sindaco Fausto Fagone, impigliato anche lui nelle maglie dell'inchiesta antimafia. La villa di Palagonia è legata al nome di Sangiorgi: sebbene intestata a due persone estranee all'inchiesta (Domenico Piticchio e a Giovanna Sargiorgi, sorella di Antonino), per i giudici il reale proprietario è l'ex politico e dunque il bene è diventato di proprietà dello Stato. La visura storica dell'immobile lo conferma. Le olive raccolte di fresco, le bollette dell'energia elettrica pagate e l'agrumeto curato lo smentiscono.

"Il bando dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati prevede che beni come questo possano essere affidati, per la prima volta, ad associazioni del terzo settore. Ma se gli immobili sono ancora occupati dai vecchi proprietari, è chiaro che per noi l'iter diventa più complicato", afferma Dario Pruiti, presidente di Arci Sicilia. "Finalmente siamo riusciti a entrare in questo caseggiato – interviene Nicola Grassi, presidente dell'associazione Asaec di Catania – Ma è normale che debbano essere un gruppo di comuni cittadini a sollevare il tema dei beni confiscati e a rimettere le cose al loro posto? Non è normale. Vuol dire che qualcuno, su più livelli, non ha fatto il lavoro che doveva essere fatto".

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