Caso Yara: la riposta della Santanché al procuratore Massimo Meroni
L’onorevole Daniela Santanché non ritorna sui suoi passi, anzi, puntella le sue considerazioni sul caso Yara e sulla conduzione delle indagini con un’altra dichiarazione. Il botta e risposta è cominciato qualche giorno fa, quando la Santanché dichiarò che se per il caso Yara Gambirasio fossero state utilizzate la stessa perizia e le medesime risorse investite nel caso Ruby, a quest’ora Yara sarebbe ancora viva.
Una dichiarazione inattesa che ha seminato lo sconcerto sia nei parlamentari sia nell’opinione pubblica, profondamente scossa dalla vicenda della ragazzina di Brembate di Sopra, di cui il 26 febbraio è stato trovato il corpo a Chignolo.
Non è tardata ad arrivare la risposta del procuratore di Bergamo alle polemiche della Santanché. Una replica dura che sottolineava come l’intervento della Santanchè risultasse quanto mai inopportuno e irrispettoso, e che invitava l’onorevole del Pdl a tacere. In effetti, le dichiarazioni della Santanché in merito alla conduzione delle indagini e alla possibilità che Yara fosse ancora viva non sembrano tenere conto dell’impegno profuso dagli inquirenti e della sofferenza che dal 26 novembre caratterizza le vite della famiglia Gambirasio e dell’intera comunità di Brembate.
Ad ogni modo la Santanché non arretra e in risposta al procuratore capo Massimo Meroni afferma:
Rivendico la libertà di critica per un'indagine che si è dimostrata finora inadeguata. La magistratura non può pretendere di avere, oltre all'immunità per i propri errori, il diritto di non vedere il proprio lavoro essere messo in discussione.
Ha poi proseguito, dicendo:
Mi sorprende che un alto rappresentante di questa casta voglia zittire un rappresentante del governo, quando i suoi colleghi intervengono quotidianamente e pubblicamente su questioni politiche e legislative che non dovrebbero riguardarli. Adesso mi aspetto che oltre al mio silenzio chieda anche le mie dimissioni.
Una controreplica pungente che presenta, senza voler essere troppo maliziosi, toni piuttosto aspri oltre che un chiaro riferimento al caso Ruby, in cui è indagato il premier Silvio Berlusconi. In particolare, l’attacco della Santanché sembra essere chiaramente indirizzato alla Procura di Milano e al conflitto di attribuzione.