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Omicidio Yara Gambirasio

Caso Yara, il genetista Giardina: “Vi spiego perché la serie Netflix non dice la verità su Bossetti e Dna”

Il professore Emiliano Giardina, associato di Genetica all’Università romana di Tor Vergata, ha spiegato perché la docuserie Netflix “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”, dedicata all’omicidio di Yara Gambirasio, non dice la verità sulle prove scientifiche e sull’esame del Dna che hanno portato alla condanna di Massimo Bossetti: “Non esiste pertanto alcuna anomalia che suggerisca l’inutilizzabilità della prova”.
A cura di Ida Artiaco
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"L’ho vista e posso dire che l'ho trovata parziale. E non per il fatto che delle mie spiegazioni hanno preso soltanto la parte più banale". A parlare è Emiliano Giardina, genetista forense e associato di Genetica all’Università romana di Tor Vergata, che si è occupato del caso di Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate di Sopra scomparsa a novembre del 2020 e trovata cadavere circa 3 mesi dopo in un campo di Chignolo d'Isola. Il professore ha commentato la docuserie "Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio", disponibile su Netflix a partire dal 16 luglio, spiegando che ciò che è emerge, in particolare i dubbi sulla colpevolezza di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio, non corrisponde a verità.

Nel corso di una intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, Giardina, che compare anche nella docuserie, da cui sarebbero state eliminate "alcune sue affermazioni", si sofferma in particolare sulle pretese della difesa di Bossetti circa la falsificabilità dell'esame del Dna: "Partiamo dall'irripetibilità dell'esame del Dna rinvenuto sulle mutandine di Yara, su cui tanto la difesa ha dato battaglia. Intanto la non ripetizione dell'accertamento è la regola, non l'eccezione. Il Codice di procedura penale distingue infatti tra accertamenti ripetibili e irripetibili: ci sono valutazioni che possono essere fatte una sola volta, perché magari il reperto si distrugge o perché le tracce sono talmente esigue da rendere impossibile la ripetibilità".

Rispetto agli esami irripetibili, Giardina ha parlato in particolare di quello sul Dna rinvenuto sui leggins della 13enne di Brembate di Sopra: "Al termine degli accertamenti quello specifico estratto di Dna non era più disponibile per altre analisi; gli altri estratti sì, ma potevano non essere utili come il primo". Riguardo la presunta distruzione delle prove, secondo il professore "i campioni di Dna sono stati trasferiti e non distrutti, perché un istituto universitario non è il luogo dove conservarli. Non condivido il fatto che siano stati trasferiti senza garantirne la corretta conservazione, ma occorre considerare che le tracce più rilevanti non sarebbero tra questi campioni".

Il problema, secondo il genetista, è che "si continua a fare confusione per delegittimare il valore della prova scientifica. Ogni cellula umana contiene un Dna nucleare e uno mitocondriale. Il nucleare è presente in singola copia all’interno del nucleo di ogni cellula. Il mitocondriale nei mitocondri. Le diverse cellule che compongono il nostro organismo contengono un numero fisso di nuclei (uno per ogni cellula) ma un numero variabile di mitocondri. Ne consegue che quando mescoliamo diversi tipi cellulari il rapporto tra Dna nucleare e quello mitocondriale varia in relazione al tipo di cellule. Nel caso della traccia di cui parliamo (mista) non sappiamo con quali cellule Bossetti e Yara hanno contribuito, e non possiamo quindi stabilire a priori un risultato atteso riguardo ai rapporti di Dna mitocondriale e nucleare. Non esiste pertanto alcuna anomalia che suggerisca l'inutilizzabilità della prova". Lo avrebbe spiegato anche nella docuserie ma questa parte, ha affermato, non è stata compresa.

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