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Caso Tempa Rossa, indagato il sottosegretario De Filippo per induzione indebita

Il sottosegretario alla Salute messo sotto indagine dalla procura di Potenza nella vicenda che ha portato alle dimissioni dell’ex ministro Guidi. Sotto la lente il suo rapporto con l’ex sindaco di Corleto Perticara: “Favori al figlio in cambio di voti”.
A cura di Biagio Chiariello
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Vito De Filippo, sottosegretario alla Salute ed ex presidente della Regione Basilicata, è il nuove nome iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta della procura di Potenza sul caso Tempa Rossa. L’indiscrezione è di Repubblica che evidenzia come il politica risulti inquisito assieme alla segretaria Mariachiara Montemurro, consigliere comunale del Pd di Gallicchio (Potenza), per un presunto scambio di “favori” con l’ex sindaco di Corleto Perticara (Potenza), Rosaria Vicino (Pd),  quest’ultima finita in manette lo scorso 31 marzo insieme a cinque funzionari del centro oli dell’Eni diViggiano dove viene trattato il petrolio estratto in Val d’Agri. Secondo gli inquirenti la Vicino avrebbe assicurato a De Filippo che si sarebbe spesa per sostenere la Montemurro alle amministrative del 2014 in cambio dell’assunzione del figlio. “Le mie amicizie le sto catapultando tutte sopra a questa ragazza qua…”, confermava parlando con la moglie del sottosegretario, nelle intercettazioni riportate dal quotidiano. “Lo faccio per te e tuo marito, che io non conosco manco a Mariachiara (…)”.Il gip annota che “l’impegno speso dalla Vicino a favore della candidata Montemurro non avrebbe avuto esito positivo”.

Le accuse nei confronti della Vicino sono comunque varie: si va dall’uso della macchina di servizio per andare al parrucchiere (“Io sono sindaco e quindi capo della polizia. Prendo la macchina e faccio quello che voglio” avrebbe detto diceva al comandante dei vigili urbani che provava a obiettare sulla legittimità dell’utilizzo del mezzo) al presunto affitto di una sua abitazione imposto all’azienda che lavorava ai pozzi nel suo paese. “Il nostro concetto, la nostra filosofia è questa – spiegava l’ex sindaco al telefono ai suoi interlocutori – piena apertura però nessuno deve dimenticare che questa è la sede del centro olii, che questa è la sede di tutti i pozzi, e che quindi… la maggiore occupazione, il comune che va attenzionato prima è Corleto. E poi tutti gli altri…”  Repubblica evidenzia, in tal senso, come la Vicino fosse convinta che il proprio ruolo fosse riassumibile proprio nel fare da “ufficio di collocamento”. Lo si capisce bene, come emerge dalle carte dell’inchiesta, leggendo anche dalle sue telefonate con i dirigenti della Total e con le altre aziende interessate al progetto Tempa Rossa. “Vi servono due persone? Noi vi mandiamo due persone…”. Spiegava a uno dei manager della società: “No questi me li devi pigliare, bello. Senza se e senza ma. Ti parlo molto chiaramente: c’è uno che si chiama Potenza Mario e l’altro Antonio. Uno è il papà e l’altro è il figlio. Di questi due chi ti piace ti prendi”. “Deve essere chiaro: il nostro ruolo dei sindaci è cambiato, è diventato l’ufficio di collocamento (…)”, affermava chiaramente in un’intercettazione finita agli atti, parlando proprio delle richieste di assunzioni fatte ai vertici di Total.

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