La saga giudiziaria dell'omicidio di Sarah Scazzi sembra non aver mai fine e i colpi di scena sono all'ordine del giorno. A fine luglio, l'avvocato di Sabrina Misseri, Fausto Coppi, aveva denunciato quella che di fatto costituisce la negazione del diritto alla difesa di un imputato, informando l'opinione pubblica del fatto che a distanza di oltre un anno dalla lettura del dispositivo della sentenza di condanna all'ergastolo di Sabrina Misseri, per aver ucciso nell'agosto del 2010 la cuginetta di 15 anni Sarah Scazzi, le motivazioni relative alla decisione ancora non erano state depositate dal giudice relatore, Susanna De Felice.
Per quale motivo questo ritardo? Secondo quanto raccontato da Coppi e successivamente confermato da un cronista della Gazzetta del Mezzogiorno con un articolo pubblicato settimana scorsa, il giudice relatore lo scorso anno sarebbe stato contestualmente nominato membro della commissione d'esame del concorso in magistratura e, quindi, una proroga tira l'altra, si è arrivati alla disumana dilatazione delle tempistiche, provocando inoltre tutta una serie di problemi e inconvenienti. Il ritardo del deposito delle motivazioni della sentenza di secondo grado da parte della Corte d'Appello d'Assise sta per far scattare un altro grana giudiziaria: Sabrina Misseri, essendo stata arrestata il 15 ottobre del 2010, tra qualche settimana celebrerà il sesto anniversario di custodia cautelare nel carcere di Taranto. Secondo quanto disposto dall'articolo 303 del codice di procedura penale, la custodia cautelare – ovvero la carcerazione di un imputato in assenza di una condanna definitiva – non può durare più di sei anni. Insomma, il meccanismo è il seguente: niente motivazioni, niente ricorso in Cassazione, niente sentenza definitiva, raggiungimento della decorrenza dei termini, scarcerazione dell'imputata. Questo percorso, tanto semplice quanto lineare, viene imposto e garantito dalla legislazione italiana per due motivi: da un lato il rispetto del principio di presunzione di non colpevolezza che sancisce, appunto, la non colpevolezza di chi viene sottoposto a processo fino a sentenza definitiva, dall'altro costituisce un deterrente utile a limitare la dilatazione dei tempi processuali, nel rispetto del diritto dell'imputato alla ragionevole durata del procedimento penale, principio sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
L'assurdo ritardo del deposito delle motivazioni è l'elemento fondamentale da tenere in considerazione nell'analizzare le cause che, probabilmente porteranno alla scarcerazione di Sabrina Misseri per decorrenza dei termini di custodia cautelare il prossimo 15 ottobre, che potrebbe quindi attendere la sentenza definitiva della Cassazione fuori dal carcere. Ma, c'è un ma: sebbene la legge imponga questo limite alla custodia cautelare nel rispetto dei diritti dell'imputato, dall'altra fornisce al giudice una sorta di scappatoia pressoché legale per evitare la rovente polemica che potrebbe scaturire dalla scarcerazione di un'imputata considerata dall'opinione pubblica già condannata in via definitiva. Per convalidare la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare occorre celebrare un'udienza e occorre, quindi, che un giudice formalmente deliberi il rilascio dell'imputato, che in questo modo potrà attendere il verdetto conclusivo del processo che lo vede protagonista a piede libero, come legge dispone. Peccato che, salvo i casi in cui la custodia cautelare sia necessario applicarla stante l'estrema pericolosità dell'imputato, il rischio di reiterazione del reato, di inquinamento delle prove o di pericolo di fuga, il giudice ha diritto a calcolare nel computo degli anni totali di custodia cautelare anche i cosiddetti "tempi morti" della giustizia, ovvero i mesi concessi per la stesura delle motivazioni, per esempio. In questo specifico caso, i tempi potrebbero allungarsi di un ulteriore anno circa.
Nel caso Misseri, sarà il giudice Susanna De Felice a decidere riguardo alla scarcerazione dell'imputata per decorrenza dei termini. Nulla di illegale – formalmente la De Felice risulta essere la titolare del procedimento giudiziario da quando la presidente del collegio giudicante – Patrizia Sinisi – è stata trasferita a presiedere la Corte d'Appello di Potenza – salvo atto contrario e nonostante sia stata avviata un'inchiesta interna per far luce sulle reali motivazioni che hanno portato al kafkiano ritardo. Umanamente, mi sorge un dubbio: cosa mai potrà decretare il giudice che proprio a causa del ritardo da lei accumulato nella presentazione delle motivazioni della sentenza di condanna ha sostanzialmente allungato a dismisura i tempi processuali, arrivando a far scattare la decorrenza dei termini di custodia cautelare? Mi viene difficile pensare che possa propendere per il rilascio della Misseri, che di fatto provocherebbe un grave danno d'immagine non solo alla Magistratura, ma soprattutto a quella della professionista che, ritardando la consegna delle motivazioni, ha permesso a una persona considerata dall'opinione pubblica l'assassina della giovane Sarah di attendere a piede libero la sentenza della Cassazione.