Caso Sara Pedri, depositata perizia psicologica: “Sono un morto che cammina, non ce la farò”
"Sono un morto che cammina. Questa volta non ce la farò". Sarebbe questo uno degli ultimi pensieri che Sara Pedri, la ginecologa di Forlì scomparsa da inizio marzo, ha affidato al suo computer pochi giorni prima di essere trasferita dall'ospedale di Trento a quello di Cles da cui si era dimessa 24 ore prima di sparire nel nulla. La psicologa Gabriella Marano ha analizzato oltre 20mila pagine tra messaggi WhatsApp e ricerche internet con l'obiettivo di ricostruire anche attraverso il procedimento dell'autopsia psicologica, il profilo psicologico e comportamentale della giovane dottoressa, nonché l'aspetto delle sue relazioni, la sussistenza o meno di ideazioni suicidarie, l'esistenza di stress, straining, mobbing derivante dall'ambiente di lavoro, nonché la sussistenza di nesso eziologico tra le possibili condotte vessatorie subite nel corso del rapporto di lavoro e la scomparsa.
La perizia
In tutto 119 pagine di perizia che l'avvocato della famiglia Pedri, Nicodemo Gentile, ha depositato in procura a Trento che indaga per presunti maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione nei confronti dell'ex primario del reparto di ginecologia del Santa Chiara, Saverio Tateo, licenziato dall'azienda sanitaria a seguito di una commissione d'inchiesta interna, e la sua vice Liliana Mereu, attualmente in servizio presso altra unità ospedaliera in Sicilia. "Sara si è ritrovata come un agnello in mezzo ai lupi, ed ha finito per essere sbranata dalla violenza di chi si è avventato contro di lei – scrive nella relazione la dottoressa Marano -. E' stata vittima infatti di mobbing, nella sua variante del quick mobbing, ovvero di comportamenti vessatori frequenti e costanti, posti in essere con lo scopo, quand'anche inconsapevole, e l'effetto di violare la sua dignità di donna e lavoratrice, e di creare, intorno a lei, un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed offensivo, che ha minato, data l'eccezionalità e la violenza della portata, il suo equilibrio in poco più di 3 mesi, generando in lei un vero e proprio disturbo: disturbo post traumatico da stress, con sintomi ricorrenti riconducibili anche al criterio della depersonalizzazione".
L'ipotesi del suicidio
Dall'analisi del pc della ginecologa, la psicologa della famiglia Pedri, ha constato che "la ragazza la mattina presto del giorno in cui è scomparsa, il 4 marzo, alle 6.16, ha effettuato le seguenti ricerche: ponte Santa Giustina, ponte lago Santa Giustina, lago Santa Giustina. La sua autovettura, una Volkswagen TRoc, è stata rinvenuta proprio in prossimità del ponte di Mostizzolo, al confine tra i Comuni di Cles e di Cis, che sovrasta il torrente Noce. Una zona, questa, conosciuta purtroppo per i suicidi.
L'abbandono dell'auto in prossimità di questo ponte, unitamente al fatto che le tracce della ragazza in fase di ricerche si sono interrotte in corrispondenza di un dirupo, la permanente mancanza di notizie e segnalazioni, l'assenza di ipotesi alternative mai emerse durante il lavoro svolto che ha visto, oltre che lo studio minuzioso di tutta la documentazione presente in atti, anche l'analisi della mole di messaggistica esistente, oltre 20mila pagine di messaggi WhatsApp e l'ascolto di 15 persone, attraverso cui è stata è stata scandagliata in maniera capillare la vita della ragazza in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue fasi lascia presagire, con tasso di probabilità purtroppo prossimo alla certezza, che Sara Pedri si sia tolta la vita" si legge nella relazione
L'ambiente di lavoro, per la consulente di parte, aveva indotto Sara "a vivere un dolore estremo che, nella sua mente, era diventato intollerabile, insopportabile, inaccettabile. Tanto che la morte è diventata per lei sollievo e serenità".
"Al proposito è necessario riportare che il DSM-5, nell'ambito del disturbo post-traumatico da stress, quello insorto in Sara, annovera il rischio di suicidio – si legge nella relazione -. Il super testimone di questa cronaca appena esposta è proprio lei, Sara, che ha parlato attraverso gli appunti lasciati in casa, le e-mail inviate e non, le telefonate, le confidenze, gli sfoghi, le lacrime versate con le persone a lei più care, e soprattutto attraverso le migliaia e migliaia di messaggi e di vocali che coprono intensamente gli ultimi tre anni della sua vita. Tutto quanto appena scritto rappresenta in questa vicenda la Stele di Rosetta, la cui attenta decifrazione ha riportato alla luce, scolpito nella roccia, il decreto di morte di Sara. In uno dei suoi ultimi messaggi la ragazza ha scritto al papà: ‘Chiedo scusa io a voi per la delusione che vi ho procurato'".