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Caso Ruby, il gip chiede nuove indagini sulla morte della modella marocchina Imane Fadil

Il Giudice per le indagini preliminari ha deciso di respingere la richiesta d’archiviazione della Procura di Milano: le indagini sulla morte della modella marocchina Imane Fadil, testimone chiave del caso Ruby, andranno avanti. Accolta la richiesta dell’avvocato della famiglia della ragazza, che chiedeva ulteriori approfondimenti per verificare che non ci fossero colpe nell’operato dei medici.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Le indagini sulla morte di Imane Fadil, modella marocchina testimone chiave del caso Ruby, non finiscono qui. Il giudice per le indagini preliminari Alessandra Cecchelli, respingendo la richiesta di archiviazione della Procura di Milano, ha fissato "un termine di sei mesi" per il compimento di ulteriori indagini sulla morte di Imane Fadil, finalizzate, in particolare, "a determinare se sia ravvisabile un nesso eziologico tra la condotta dei sanitari e la morte di Fadil". In sostanza, se le cause della morte siano imputabili alle cure dei medici: la modella marocchina ha perso la vita a 34 anni nella clinica Humanitas di Milano, il primo marzo del 2019, per un'aplasia midollare associata a un'epatite acuta, malattia estremamente rara e grave. La conclusione degli accertamenti, durata mesi, era arrivata a settembre 2019, dopo che si era diffusa l'ipotesi che potesse essere stata avvelenata, anche perché aveva confidato al suo avvocato di sentirsi in pericolo.

Il team di esperti, incaricato dalla Procura di Milano, che ha studiato con attenzione la vicenda, ha spiegato che "le scelte terapeutiche degli ultimi giorni, successive alla diagnosi formale di aplasia midollare, non sono state coerenti con tale diagnosi", ma oltre questo "non ci sono indicativi profili di colpa medica" perché "qualunque corretta terapia immunosoppressiva con o senza trapianto di midollo osseo avrebbe richiesto molte settimane prima di poter modificare la storia clinica naturale di questa malattia".

L'avvocato della famiglia, Mirko Mazzali, aveva chiesto di non archiviare l'indagine proprio appellandosi alle possibili colpe dei medici. Il gip, alla fine, ha deciso di dargli ragione: "Appaiono fondate le considerazioni svolte dalla difese della parte offesa con riferimento alla necessità di ulteriori approfondimenti attraverso specifica valutazione peritale anche sul se fosse prevedibile ed evitabile l'emorragia gastroesofagea che ha determinato la morte di Imane Fadil, oltre che sul se fosse possibile un accertamento della diagnosi della malattia e infine se tale tempestività poteva evitare il decesso apprestando le cure del caso". Il caso non è chiuso, l'indagine continua.

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