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Omicidio Giulio Regeni

Caso Regeni, spuntano nuovi testimoni: “Gli 007 egiziani sapevano tutto e inscenarono finta rapina”

Nuovi testimoni del caso della morte di Giulio Regeni hanno gettato più di qualche ombra sui quattro militari appartenenti ai servizi segreti egiziani, che compariranno davanti al Gup il prossimo 29 aprile. Le dichiarazioni sono state depositate dalla procura di Roma: gli 007 avrebbero saputo del decesso del ricercatore italiano prima del ritrovamento del suo cadavere e avrebbero inscenato una rapina finita male.
A cura di Ida Artiaco
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Nuovi aggiornamenti sul caso della morte di Giulio Regeni, il ricercatore friulano scomparso e poi trovato cadavere in Egitto nel febbraio del 2016. Tre nuovi testimoni accusano, infatti, i quattro appartenenti ai servizi segreti egiziani (National Security) di essere gli autori del sequestro, delle torture e dell'omicidio del ragazzo. Lo si rileva dagli atti depositati dalla Procura di Roma in vista dell'udienza preliminare, fissata per il 29 aprile, davanti al giudice che dovrà decidere se rinviare a giudizio i militari. Secondo la stessa Procura, gli 007 egiziani vennero a conoscenza del decesso di Giulio il giorno prima del ritrovamento del corpo e  inscenarono una rapina finita male.

Uno dei testimoni è un cittadino egiziano di cui per ora il nome è tenuto riservato per motivi di sicurezza, che si è spontaneamente presso una sede diplomatica italiana in Egitto, già amico del sindacalista Mohamed Abdallah, cioè la persona che denunciò Giulio alle forze di sicurezza locali. Secondo il suo racconto, lo stesso Abdallah gli riferì dei suoi contatti con Regeni e dell’interesse del ricercatore italiano per i venditori ambulanti rappresentati proprio da Abdallah "sin dal novembre 2015". Al pubblico ministero romano Sergio Colaiocco e ai carabinieri del Ros che collaborano alle indagini, il testimone ha detto di aver seguito passo dopo passo l’evoluzione dei rapporti tra il sindacalista e Regeni. Il giorno prima del ritrovamento del corpo del ricercatore italiano ormai senza vita, il testimone ha raccontato che "Abdallah aveva spiegato che Giulio Regeni era morto e che quella mattina lui si trovava nell’ufficio della State security, in compagnia di un ufficiale di polizia che lui chiamava Uhsam (uno degli 007 imputati), quando quest’ultimo aveva ricevuto la notizia della morte di Regeni".

Ancora Abdallah aggiunse che, secondo quando aveva ascoltato dall’ufficiale, la National security avrebbe trovato il sistema di addossare la responsabilità dell’omicidio a una banda di rapinatori facendo ritrovare nella loro disponibilità i documenti della vittima. Cosa che è poi avvenuta effettivamente due mesi dopo, alla fine di marzo 2016, quando la polizia comunicò l’uccisione in uno scontro a fuoco dei cinque membri della banda di rapinatori, con alcuni effetti personali del ricercatore italiano, che sono poi stati ritrovati all’interno dell’abitazione di uno di loro.

In vista dell’udienza di fine aprile, i pm contestano ai quattro imputati, e cioè il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, i reati di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Sharif è accusato anche di omicidio. Nelle ultime settimane sarebbero ben ben dieci le persone in Egitto che si sono fatte avanti con gli inquirenti affermando di avere notizie sul caso Regeni, ma di questi solo tre sono state ritenute attendibili. I "dati probatori apportano nuovi elementi conoscitivi su fatti già acquisiti", si apprende da fonti giudiziarie. Non resta che aspettare qualche settimana per ulteriori aggiornamenti.

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