Caso Ragusa, Logli chiede la mano di Sara dal carcere: “Ci sposeremo e avremo un figlio”
"Antonio mi ha chiesto di sposarlo in carcere. Io vorrei un figlio". Sono le parole di Sara Calzolaio, compagna di Antonio Logli, 57 anni, recluso in carcere dal 10 luglio 2019 per l'omicidio della moglie Roberta Ragusa, avvenuto nel 2012 a San Giuliano Terme (Siena). Le dichiarazioni sulle novità sentimentali della vicenda che da otto anni fa discutere l'opinione pubblica, sono state riportate in esclusiva dal settimanale ‘Giallo' in un'intervista a firma di Gian Pietro Fiore, che racconta i particolari della richiesta di matrimonio. "Quando me lo ha domandato – dice Sara, 37 anni – si è presentato con un anellino di plastica, quello che ferma i tappi delle bottiglie. Si vergognava che l'anello fosse di plastica e non un vero anello".
Ora che la morte di Roberta Ragusa è stata riconosciuta anche dall'Anagrafe del Comune di San Giuliano, non ci sono più ostacoli all'ufficializzazione di un'unione che dura ormai da sette anni. Sara e Antonio convivono dal 2013, anno successivo a quello della scomparsa di Roberta, nella villa dove la donna viveva con il marito e i due figli Alessia e Daniele, poi passati alle cure di Sara. All'epoca giovane dipendente dell'autoscuola della famiglia Logli -Ragusa, Sara è diventata la compagna di Logli, con cui aveva una relazione clandestina da molti anni.
"Riconosco di aver fatto solo uno sbaglio – ammette – quello di non aver valutato la situazione di partenza di Antonio e quelle che sarebbero potute essere le conseguenze". Quanto alle imminenti nozze, spiega che da tempo, pur dicendosi entrambi convinti dell'esistenza in vita di Roberta, cardine della difesa processuale di Logli, nutrivano il desiderio di rendere ufficiale la loro relazione. "Sicuramente pensavamo già da tempo di consolidare la nostra unione". "Abbiamo abbracciato da un paio d'anni la dottrina della Chiesa Evangelica, che non ammette la convivenza. Quindi oltre al forte sentimento che ci induce a fare quel passo, avvertiamo anche l'esigenza di regolarizzarci davanti a Dio". "La domanda è arrivata prima della pandemia, ma l'ha rinnovata qualche domenica fa, in videochiamata, davanti ai figli della mia migliore amica, che per me è una sorella. Le dico solo che chiamano Antonio ‘zio', perché con lui sono cresciuti".
Antonio Logli, che dal carcere sta scrivendo anche un'autobiografia, presto presenterà una richiesta di revisione della sentenza che lo ha condannato a 20 anni di carcere per l'omicidio della moglie Roberta Ragusa. "Roberta? – dice Sara – ho un bel ricordo di lei, le voglio bene e spero che stia bene". "Se tornasse non ho idea di cosa le direi".