Caso Meredith, Guede dal carcere: “Sono innocente come Amanda e Raffaele”
“Sono l’unico condannato in questa storia, il complice di un omicidio senza colpevoli”. Chi parla, in un’intervista a Repubblica, è Rudy Guede, l’ivoriano condannato a 16 anni per ‘concorso’ nell’omicidio di Meredith Kercher, ed ora rinchiuso nel carcere di Mammagialla a Viterbo. A pochi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha assolto in via definitiva Amanda Knox e Raffaele Sollecito, ha deciso di rompere il silenzio, chiedendo la revisione del processo di Perugia alla luce degli ultimi sviluppi. “Sono convinto che nelle motivazioni della sentenza della Cassazione troveremo elementi utili per ribaltare il verdetto”, dice a Giovanna Vitale che lo ha incontrato nel penitenziario dove è detenuto dal 2007. "Da voi il rito abbreviato è visto come un'ammissione di colpevolezza, io invece pensavo di dimostrare subito la mia innocenza", dice nell’intervista.
Guede: "Non posso essere il complice di me stesso"
Nel carcere di Viterbo, Rudy è un detenuto modello – dicono – fa palestra e studia per l'ultimo esame prima della laurea in scienze sociali storiche: "mi sto laureando in Storia a Roma Tre, indirizzo cooperazione internazionale. Mi manca solo un esame, ne ho sostenuti 18 qua dentro, mi piace studiare" dice. "Voglio fare in modo che il tempo trascorso dietro le sbarre sia valso a qualcosa", spiega. "Non posso essere certo io il complice di me stesso", sottolinea dopo l'assoluzione della Knox e di Sollecito, senza mai fare il nome dell'americana e dell'italiano. "So che non sarà facile, ma la riabilitazione mi consentirà di trovare un lavoro, magari in Italia. Voglio dimostrare a tutti che non sono un mostro e farmi dimenticare", conclude Guede, che, in attesa di capire come proseguirà il suo percorso giudiziario per il caso Meredith, potrebbe già tornare in semilibertà nel 2016.