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Caso Martina Rossi, il papa: “I due assassini in semilibertà, non lo meritano”

Si sono costituiti Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, condannati per la tentata violenza sessuale a Martina Rossi. I due saranno detenuti in regime di semilibertà.
A cura di Susanna Picone
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Martina Rossi
Martina Rossi

"Se Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi sono in prigione vuol dire che mancava ancora un pezzetto al cammino della giustizia, e adesso è stato compiuto. Perché il tempo passava, noi cercavamo di capire cosa stava succedendo ad Arezzo e Firenze, ma la decisione non arrivava mai. Ora giustizia è fatta".

A parlare, tramite l’avvocato Luca Fanfani, sono i genitori di Martina Rossi, poche ore dopo che si sono costituiti in carcere Albertoni e Vanneschi, il 7 ottobre 2021 condannati in via definitiva a tre anni di reclusione per tentata violenza sessuale di gruppo nell'ambito del procedimento sulla morte di Martina.

A quanto si è appreso, Albertoni e Vanneschi si sono costituiti ieri pomeriggio nel carcere di Arezzo dopo che, nell'udienza svoltasi nei giorni scorsi al tribunale di sorveglianza, è stata respinta la loro richiesta di messa in prova ai servizi sociali.

La studentessa genovese Martina Rossi morì a 20 anni, il 3 agosto 2011, precipitando dalla terrazza di una camera d'albergo, a Palma di Maiorca, dove si trovava in vacanza con le amiche: sarebbe caduta nel tentativo di sfuggire ai due imputati. Residenti a Castiglion Fibocchi (Arezzo), i due erano in vacanza nello stesso albergo di Martina. La Cassazione ha condannato Albertoni e Vanneschi spiegando in sentenza che "l'unica verità processuale che risulta trovare conferma nella valutazione dei molteplici indizi esaminati risulta essere quella del tentativo di violenza sessuale". Per le loro difese, invece, Martina si era suicidata.

Lo scorso marzo il padre di Martina, Bruno Rossi, pubblicamente si era lamentato per il fatto che la condanna dei due imputati, a distanza di mesi, non fosse ancora eseguita. "A sei mesi dalla sentenza della Cassazione ancora la pena non è andata in esecuzione – aveva denunciato – perché la richiesta di affidamento in prova giace in un cassetto, i tempi sono troppo lenti".

Regime di semilibertà per i due condannati

Detenzione in regime di semilibertà: è quanto è stato disposto dal tribunale di sorveglianza di Firenze per Albertoni e Vanneschi. L'udienza si è svolta il 29 settembre scorso, ieri la decisione è arrivata in procura generale che ha emesso il provvedimento di esecuzione. Il regime di semilibertà è una misura alternativa che prevede il lavoro esterno al carcere e la possibilità anche di soste a casa, secondo un programma da stabilire, con rientro in carcere per la notte. Riguardo ad Albertoni e Vanneschi, il pg aveva chiesto il rigetto delle misure alternative, le difese di entrambi i condannati quella invece dell'affidamento ai servizi sociali. Il tribunale ha poi deciso per la detenzione in regime di semilibertà.

Il papà di Martina Rossi: "Semilibertà non meritata"

Bruno Rossi, papà di Martina, ha così commentato la notizia della semilibertà per Albertoni e Vanneschi: "La semilibertà concessa agli assassini di mia figlia è un mezzo premio non meritato. Sarei stato più felice se fossero rimasti in carcere e mi chiedo: quali lavori potranno fare? Uno correva in moto, l'altro non mi risulta abbia mai lavorato". "Sono profondamente rattristato ma almeno non hanno avuto i lavori di pubblica utilità, anche perché non hanno fatto niente per meritarselo. Anche per questo continuerò la mia battaglia per cambiare le leggi che permettono ciò anche per certi reati. A novembre lanceremo l'associazione Martina Rossi assieme ad alcuni giuristi".

Il papà di Martina ha aggiunto: "Comunque, sapendo che dovranno stare in carcere, ho potuto dare una fine ad una lotta di undici anni". "Dopo undici anni la prigione è il posto migliore ed è la dimostrazione che le mie battaglie sono state giuste anche perché le ho fatte per una cosa bella, per avere giustizia – ha spiegato Bruno Rossi – : è una piccola soddisfazione ma almeno sono due delinquenti che lo Stato ha messo in carcere. E quando guardo la foto di Martina alla sera ora sono più sereno e più tranquillo e le dico ‘almeno in prigione ci sono entrati'".

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