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Caso Liliana Resinovich, il Procuratore capo: “Stop al circo mediatico e ai processi paralleli”

Il duro commento espresso a proposito dei “processi mediatici paralleli” in una nota dal Procuratore capo di Trieste Antonio De Nicolo sulla vicenda della Resinovich.
A cura di Biagio Chiariello
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Una "degenerazione" a cui "ben si attaglia il nome di circo mediatico", alla quale "stanno prendendo parte attiva anche soggetti che dovrebbero avvertire sia il dovere istituzionale di confrontarsi soltanto con l'autorità giudiziaria, sia la necessità di conformare la propria condotta a un intransigente riserbo, quale segno di rispetto verso la signora Liliana Resinovich".

Parole molto dure quelle con le quali, attraverso una nota ufficiale, il Procuratore capo di Trieste Antonio De Nicolo si è espresso in merito alla vicenda della donna scomparsa da casa il 14 dicembre scorso e il cui corpo è stato ritrovato il 5 gennaio, in particolare sui "processi mediatici paralleli".

"Spiace dover constatare – prosegue la nota del Procuratore capo – che accanto alle indagini doverosamente scrupolose che questo ufficio sta conducendo in relazione alla morte di Liliana Resinovich, da qualche tempo si sta svolgendo una serie di processi mediatici paralleli su vari social media, nutriti da qualche notizia vera e rilevante e da non poche notizie false o irrilevanti, manipolate da sedicenti esperti ed orientate verso risultati non convalidati dagli atti regolarmente acquisiti al fascicolo processuale",

Per De Nicolo "è appena il caso di rammentare che esclusivamente su questi atti può essere fondata la valutazione dell'Autorità giudiziaria, cui sola, per legge, spetta tale compito".

Liliana Resinovich
Liliana Resinovich

Nel frattempo, nei giorni scorsi Sergio Resinovich, fratello di Liliana, ha espresso il proprio sull'ipotesi che la sorella sia suicidata, come sostenuto nella perizia incaricata dalla Procura: "È una verità di plastica", che "non convince me e i miei familiari", ha detto Resinovich una nota diramata tramite la consulente criminologa Gabriella Marano. "Conoscevo bene mia sorella, nulla di quanto le si attribuisce faceva parte dei suoi comportamenti consueti".

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