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Caso Liliana Resinovich, il figlio del marito Sebastiano in Questura: “Mai chiesti soldi a Lilly”

Piergiorgio Visintin, figlio di Sebastiano, marito di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa e poi trovata morta a Trieste, ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee in Questura: “Mai chiesto denaro al padre né a Lilly, non li vedevo da anni”.
A cura di Ida Artiaco
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È ancora giallo su cosa sia successo a Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa il 14 dicembre scorso a Trieste e poi trovata morta a inizio gennaio nel Parco di San Giovanni, non distante dalla casa in cui viveva col marito Sebastiano Visintin. Proprio il figlio di quest'ultimo, Piergiorgio Visintin, come riporta il quotidiano Il Piccolo, si è recato in Questura nel pomeriggio per rilasciare delle dichiarazioni spontanee in merito al suo rapporto con la donna. In particolare, l'uomo avrebbe affermato che non vedeva da tre anni la moglie di suo padre e che con Sebastiano stesso ha rapporti sporadici. Inoltre, avrebbe sottolineato di non aver mai chiesto denaro alla 63enne e che quelle che circolano sul suo conto sono solo "illazioni" di cui si dice "indignato".

Il riferimento è alle parole di Giorgio, il fratello di Liliana, secondo il quale dietro la morte della sorella ci sarebbe un uomo appartenente alla cerchia familiare che fino ad ora sarebbe rimasto "lontano dai riflettori". Sono questi i dettagli che emergerebbero da un documento depositato nei giorni scorsi in Procura, che lo stesso Giorgio aveva inviato via Pec attraverso il suo avvocato Luigi Fadalti, e che ora è sul tavolo del pubblico ministero Maddalena Chergia, titolare dell'inchiesta. Secondo il fratello di Resinovich, a uccidere la donna, dunque, sarebbe stato un parente di cui sono stati anche forniti nomi e cognomi. Alla base dell'omicidio vi sarebbero motivi economici secondo quanto depositato, dunque Lilly sarebbe stata ammazzata in seguito ad una richiesta di denaro poi non soddisfatta. "Per me non è un suicidio. Sentivo mia sorella ogni giorno, non aveva mai manifestato intenzioni del genere. Stava bene", avrebbe scritto Giorgio che non ha mai creduto all'ipotesi del suicidio della sorella.

Ma di certo ancora non c'è nulla. Intanto, sono stati prorogati di 30 giorni i termini per il deposito delle analisi tossicologiche e degli esami sui reperti trovati nei pressi del corpo di Liliana Resinovich. La richiesta è stata avanzata dagli esperti che stanno svolgendo gli accertamenti su incarico della stessa Procura del capoluogo giuliano che indaga sulla vicenda.

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