Caso Giuseppe Uva. Procura chiede riapertura processo: “Morte causata da polizia e carabinieri”
Venga riaperto il caso sulla morte di Giuseppe Uva, l'uomo varesino morto nel 2008 in seguito a un intervento delle forze dell'ordine: a chiederlo è stata la Procura Generale di Milano in sede di Corte d'Assise D'Appello in riferimento al processo che in primo grado è giunto all'assoluzione di tutti gli imputati, cioè due carabinieri e sei poliziotti. Il sostituto pg Massimo Gaballo ha depositato una lista di testimoni che, dal suo punto di vista, dovrebbero essere ascoltati nelle prossime udienze. A stabilire ora l’eventuale riapertura del dibattimento dovranno essere i giudici. Il processo di appello, subito rinviato al 9 maggio, è scaturito dall’impugnazione della sentenza di assoluzione, avanzata dalla Procura generale di Milano e dai legali delle parti civili, gli avvocati Fabio Matera, Fabio Ambrosetti e Alberto Zanzi. Tra i testimoni considerati ‘fondamentali’ dal pg c’è Alberto Bigioggero, l’uomo che dieci anni fa fu fermato insieme a Uva dai carabinieri e in carcere dal febbraio 2017 con l’accusa di avere ucciso il padre con una coltellata.
Questa mattina erano presenti in aula anche sei degli otto imputati: Paolo Righetto (difeso dall’avvocato Fabio Schembri) Pierfrancesco Colucci (difeso dal legale Piero Porciani) e Stefano Dal Bosco, Francesco Focarelli Barone, Bruno Belisario, Gioacchino Rubino (difesi dai legali Luca Marsico e Duilio Mancini). Assenti invece, perché impegnati in servizio, altri due imputati, gli agenti di polizia Luigi Empirio e Vito Capuano. La vicenda che li vede protagonisti risale alla notte tra il 13 e il 14 giugno 2008, quando Giuseppe Uva e Bigioggero, entrambi ubriachi, furono fermati dai carabinieri perché intenti a spostare "per gioco" delle transenne per chiudere una strada al traffico. Dopo essere stati accompagnati in caserma, Uva venne trasportato con trattamento sanitario obbligatorio all’ospedale di Circolo di Varese, dove morì la mattina dopo a causa di un arresto cardiaco causato da una serie di fattori: una grave patologia di cui era affetto combinata con lo stress, incrementato – secondo la versione del sostituto procuratore generale – “dalle modeste lesioni personali riscontrate sul corpo della parte offesa”. Secondo il magistrato le "mere condotte di costrizione fisica poste in essere dagli imputati (..) costituiscono l’elemento materiale del delitto di omicidio preterintenzionale".
Nell’aprile di due anni fa la Corte d’Assise di Varese ha assolto gli otto uomini delle forze dell'ordine dalle accuse di omicidio preterintenzionale, di abuso di autorità su arrestato e abbandono di incapace, con la formula “perché il fatto non sussiste“.