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Processo sulla morte di Stefano Cucchi

Caso Cucchi, due carabinieri mentirono al pm. La sorella Ilaria: “Temo intimidazioni”

Nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, due carabinieri sono stati iscritti nel registro degli indagati per falsa testimonianza, al pm. L’accusa sostiene che i due, padre e figlio, avrebbero mentito al pubblico ministero, negando alcune circostanze raccontate dal carabiniere Riccardo Casamassima, testimone chiave dell’inchiesta. Oltre a questo, la polizia scientifica avrebbe anche scoperto che i registri della stazione Casilina vennero contraffatti, cancellando e celando il passaggio di Cucchi, forse allo scopo di eliminare ogni possibile prova del pestaggio a carico dei carabinieri coinvolti successivamente nell’inchiesta per omicidio preterintenzionale.
A cura di Charlotte Matteini
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Nell'indagine coordinata dal pubblico ministero Giovanni Musarò finiscono altri due carabinieri, accusati di falsa testimonianza al pm: si tratta di Enrico e Sabatino Mastronardi. Non solo: stando ai rilievi della polizia scientifica, secondo gli inquirenti la notte del pestaggio di Cucchi sarebbero stati contraffatti i registri di foto-segnalamento, cancellando le generalità di Stefano Cucchi allo scopo di celare ogni traccia del suo passaggio alla stazione Casilina, dove potenzialmente potrebbe essere stato percosso. “Non fotosegnalato in quanto inveiva contro gli operanti”, questa frase semi-cancellata dal registro proverebbe, secondo la tesi accusatoria, non solo che Stefano Cucchi effettivamente passò dalla stazione, ma anche l'esistenza di una ribellione da parte del ragazzo. Questo elemento, secondo gli inquirenti, potrebbe fornire una sorta di movente al pestaggio: stando alle procedure, infatti, Cucchi avrebbe dovuto essere denunciato per "resistenza a pubblico ufficiale", mentre allo stato attuale risulterebbe invece mai contestato questo reato.

L'ipotesi, quindi, è che proprio a causa delle resistenze e della ribellione di Stefano Cucchi, i militari di turno in stazione abbiano deciso di picchiarlo. Resisi conto, però, di aver esagerato, avrebbero quindi proceduto a eliminare ogni traccia del passaggio del geometra 32enne dai registri. La correzione sarebbe stata effettuata sbianchettando il nome di Stefano Cucchi, precedentemente iscritto, sostituendolo con le generalità di un'altra persona tratta in arresto, tal Misic Zoran.

I carabinieri iscritti nel registro degli indagati per falsa testimonianza, però, non sono implicati nell'inchiesta relativa al pestaggio di Stefano Cucchi. Ai due Mastronardi, padre e figlio, la Procura contesta l'aver reso dichiarazioni falsate al pubblico ministero: uno negò di aver ascoltato le confessioni di Roberto Mandolini – comandante della stazione Appia che raccontò a Enrico Mastronardi dell'aggressione di un giovane arrestato da parte di alcuni suoi sottoposti, conversazione udita da Riccardo Casamassima, testimone chiave dell'inchiesta che il 14 maggio del 2015 confessò di avere informazioni riguardo quella tragica notte – mentre l'altro negò di aver mai visto Stefano Cucchi malconcio la mattina dopo il pestaggio, circostanza che però cozza con la dichiarazione che Casamassima rese ai Pm, sostenendo che il giovane Mastronardi raccontò invece di aver visto il geometra tumefatto.

Ilaria Cucchi: "Ho paura. Temo soprusi e intimidazioni, ma non mi fermerò"

Con la chiusura dell'inchiesta bis e la contestazione del reato di omicidio preterintenzionale per tre carabinieri in servizio la notte dell'arresto di Stefano Cucchi, rinfocolano le proteste dei sostenitori dell'Arma, molti dei quali difendono a spada tratta gli indagati. In un post pubblicato su Facebook pochi giorni fa, il comandante Roberto Mandolini – accusato di calunnia e falso in atto pubblico – ha definito la decisione della magistratura un "attacco all'Arma, sotto gli occhi di tutti".

"Resistere, Resistere, Resistere! Oggi dico grazie alle migliaia di cittadini onesti, alle famiglie perbene, agli amici, ai Colleghi di tutte le FF.PP. e le FF.AA. che sanno la vera verità sul caso Cucchi e hanno capito quello che sta accadendo in queste ore e mi stanno scrivendo e telefonando da ogni parte d'Italia, mi state facendo piangere per la stima e l'affetto che state dimostrando a me, ai miei Uomini e all'Arma. L'attacco all'Arma è sotto gli occhi di tutti, nonostante le innumerevoli perizie stabiliscano con assoluta certezza che non ci sono state lesioni di alcun tipo che ne abbiano potuto procurare la morte (vedasi perizia disposta dal GIP), vengono cambiati i capi d'imputazione per non incorrere nella prescrizione e mandano a processo dei Carabinieri innocenti, dei padri di famiglia, dei Servitori dello Stato, solo per infangarli. Affronteremo anche questa battaglia mettendoci la faccia ed il cuore, lo devo ai miei figli, a chi mi sta accanto e soprattutto agli Alamari che ho cuciti sulla pelle, perché come diceva una carissima cittadina molto anziana, persona perbene, "l'Italia Onesta siete Voi". Ai miei Uomini dico: "Testa alta, petto in fuori e non demordete, non date soddisfazione al partito dell'Antipolizia ed a chi si sta arricchendo sulle nostre spalle con soldi sporchi, non abbattetevi, siate e fate i Carabinieri, la vera verità e la vera giustizia vince sempre sul male".

Il post di Mandolini ha scatenato la reazione di Ilaria Cucchi, sorella della vittima, che sempre su Facebook ha replicato alle accuse mosse da Mandolini: "Ho visto i post del signor Mandolini con i quali chiama a raccolta i colleghi e l'Arma dei Carabinieri tutta contro coloro che strumentalizzano, la infangano ‘per illeciti guadagni'. Una chiamata a raccolta che assomiglia ad una vera e propria chiamata alle armi contro la mia famiglia e, soprattutto, contro mio fratello. Una chiamata alle armi che trasuda tracotanza, ostentazione della sicurezza di poter contare sullo spirito di corpo come lo intende il sig. Mandolini. Ostentazione della certezza che io ed i miei familiari, ma, soprattutto la vita di Stefano Cucchi non vale nulla di fronte al potere della divisa e delle sue mostrine che il sig. Mandolini non manca mai di esibire, spiega Ilaria. 

"Io nutro profondo rispetto per l'Arma dei Carabinieri e non posso e non voglio dimenticare quel che fa per tutti noi ogni giorno.
Ma non sono ipocrita. Ho paura. Ho paura per me, per la mia famiglia e per il mio avvocato e compagno che di soprusi ed intimidazioni ne ha già subite abbastanza. Ho paura. Ma non mi fermerò e non perderò mai fiducia nelle Istituzioni. Ma se le Istituzioni ci lasceranno sole e lasceranno accadere quel che sta accadendo non so se riuscirò a resistere fino alla fine. E questo, forse, il sig. Mandolini lo sa quando mi prende in giro usando le stesse mie parole: resistere, resistere, resistere". 

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