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Processo sulla morte di Stefano Cucchi

Caso Cucchi, Ilaria: “Sul volto di Stefano i segni della solitudine”

Ilaria Cucchi ha ricostruito in aula il suo rapporto con il fratello Stefano e le circostanze della morte. La donna è stata sentita nell’ambito del processo che vede imputati cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale.
A cura di Davide Falcioni
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"Quando vidi Stefano all'obitorio, aveva il volto tumefatto, un occhio fuori dall'orbita, la mascella rotta. Aveva sul volto i segni della solitudine". Sono le parole usate questa mattina in Tribunale da Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano Cucchi, dove la donna è stata sentita nell'ambito del processo che vede imputati cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale: si tratta di Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco, i militari che la procura indica come coloro che arrestarono Stefano Cucchi. Oltre a loro c'è il maresciallo Roberto Mandolini, che risponde dei reati di calunnia e falso, mentre Vincenzo Nicolardi, insieme a Tedesco, è accusato di calunnia nei confronti di tre agenti della penitenziaria, processati per questa vicenda e poi assolti. Ilaria Cucchi ha ricostruito le conseguenze della morte del fratello – deceduto sei giorni dopo essere stato arrestato per il possesso di una piccola quantità di marijuana – partendo dall'ultima volta che l'ha visto, ormai senza vita: "Non posso dimenticare le urla disperate dei miei genitori quando ebbero la possibilità di vedere il cadavere di Stefano".

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Ilaria Cucchi ha parlato dei problemi di tossicodipendenza del fratello: "Aveva iniziato ad avere cambi di umore. Non ce la potevamo fare da soli ad aiutarlo. Nel 2004, il 4 gennaio, Stefano decise di entrare in comunità. Ci rimase fino al maggio 2007. Fu un percorso a vari stadi. Nel novembre 2007, però, mio fratello ebbe una terribile ricaduta. Lui iniziò con le droghe leggere fino ad arrivare all'uso di cocaina ed anche eroina". Stefano "era uscito dai problemi, anche grazie a una nuova comunità, nel settembre 2008. Era andato a vivere a Morena. Si stava riprendendo la sua vita, cercava di dimostrare agli altri di essere all'altezza. Aveva un progetto per realizzare una costruzione. Aveva anche ordinato dei biglietti da visita. Andava a messa la mattina presto, andava a correre, lavorava. Poi andava a fare pugilato".

Ilaria ha poi parlato dell'arresto del fratello, il 15 ottobre del 2009: "Quella notte  venne arrestato con Emanuele Mancini, un suo amico. Io parlai con Emanuele solo dopo la morte di Stefano. Gli chiesi come fosse andata la vicenda dell'avvocato. Mancini mi disse che Stefano, dopo l'arresto, alla stazione Appia, chiedeva dell'avvocato Stefano Maranella, il legale cui la nostra famiglia si rivolge. È un amico. Ma la cosa da parte dei carabinieri non fu fatta. Lo trattarono malissimo anche verbalmente. Mi riferirono che gli venne detto: guarda, come minimo hai l'Aids, non fai schifo?".

Cucchi ha anche ricostruito cosa è accaduto dopo aver appreso del trasferimento di Stefano all'ospedale Pertini: "I miei si preparano e vanno al Pertini. Il lunedì gli viene spiegato che non possono parlare con i medici: ci vuole l'autorizzazione del pm. Allora parlano con una poliziotta della giudiziaria e lei gli assicura che mio fratello sta bene. Invece Stefano era agonizzante". Pochi giorni dopo il decesso: "Siamo venuti a conoscenza della morte di mio fratello tramite un decreto di autopsia. Io non ho capito bene a che ora è morto. Ricordo che salgo a casa di mia madre, lei apre la porta con questo foglio in mano. E mi dice: Ila, stefano è morto. Ma come, le dico, sei giorni fa stava bene? Non può essere morto. Pensavo ad uno sbaglio. Andiamo al Pertini e un poliziotto della penitenziaria mi dice: suo fratello si è spento. Ma come si è spento?, replico io. E il poliziotto: guardi, le carte sono in regola. A questo punto arriva arriva una dottoressa e ci dice: ma perché non avete chiesto di parlare con i medici? Mia madre sbotta: sono giorni che chiediamo di parlare con lui".

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