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Processo sulla morte di Stefano Cucchi

Caso Cucchi, il comandante dei carabinieri: “Vicenda grave, ma non delegittimiamo Arma”

L’Arma dei carabinieri vuole la verità sulla vicenda del ragazzo morto a Roma nell’ottobre di 6 anni fa. Risultano indagati cinque uomini della stazione Appia. “Inaccettabile per un carabiniere rendersi responsabile di comportamenti illegittimi e violenti, se accertati”, afferma Del Sette.
A cura di Biagio Chiariello
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Quella di Stefano Cucchi è "una vicenda estremamente grave" perché è "inaccettabile per un carabiniere rendersi responsabile di comportamenti illegittimi e violenti". L’ultima svolta giudiziaria nel caso del geometra romano, morto nell’ottobre 2009 in circostanze misteriose dopo un arresto per droga, ha portato ad intervenire il comandante generale Tullio Del Sette. L’Arma dei carabinieri vuole la verità sul caso Cucchi – per il quale sono indagati 5 militari – ma Del Sette chiede però di non delegittimare l’Arma.  "E' grave il fatto che alcuni Carabinieri abbiano potuto perdere il controllo e picchiare una persona arrestata secondo legge per aver commesso un reato, che non l'abbiano poi riferito, che alcuni altri abbiano potuto sapere e non lo abbiano segnalato a chi doveva fare e risulta aver fatto le dovute verifiche, se tutto questo sarà accertato. Grave il fatto che queste cose possano emergere soltanto a partire da oltre sei anni dopo, nonostante un processo penale celebrato in tutti i suoi gradi" spiega il comandante in un comunicato.

Il caso Cucchi

Per il caso Cucchi, sono assolte tutte le guardie carcerarie coinvolte. I giudici avevano condannato i medici dell’ospedale Pertini dove era morto Stefano, ma la sentenza era stata poi ribaltata dalla Corte di Appello con l'assoluzione di tutti gli imputati. Ora, nell'inchiesta bis, sono indagati a vario titolo per lesioni personali aggravate, abuso d'autorità, falsa testimonianza  false informazioni al pm, cinque militari della stazione Appia. "Io, l'Arma e tutti i carabinieri – prosegue Del Sette – accanto alla Magistratura con forza e convinzione per arrivare fino in fondo alla verità, per poi poter adottare con tempestività, con giustizia trasparente, equanime e rigorosa i dovuti provvedimenti, giacché è gravissimo, inaccettabile per un carabiniere rendersi responsabile di comportamenti illegittimi e violenti".

"Siamo rattristati e commossi dalla triste vicenda umana di Stefano Cucchi, prima e dopo quel 15 ottobre 2009, addolorati delle sue sofferenze, della sua morte, quali che siano le cause che abbiano concorso a determinarla, vicini ai suoi familiari. Lo sono io e lo sono i Carabinieri come tutti, più di tanti. Non può lasciare nessuno indifferente quel suo corpo sottile, quel suo volto tumefatto, che abbiamo visti nelle fotografie post-mortem mostrateci, con quei segni profondi delle vicissitudini e delle sofferenze patite", aggiunge il comandante generale. "Rispetto, perciò, per tutto questo e determinazione nel ricercare la verità, nel perseguire quelli che dovessero risultare responsabili di reati, di condotte censurabili sotto ogni profilo. L'accertamento di responsabilità comporterà, se vi sarà, dolore e amarezza, ma nessuna delegittimazione può derivare da notizie e iniziative mediatiche, legittime e comprensibili: non sfugge a nessuno, credo, che decine di migliaia di Carabinieri assolvono quotidianamente, in Italia e apprezzatissimi anche all'estero, la loro missione a tutela della legge e della gente, con professionalità, impegno, abnegazione, rischio continuo per la loro incolumità – come attestato dalle decine di infortunati, contusi e feriti di ogni giorno – e profonda umanità nelle migliaia di servizi, interventi, investigazioni di ogni giorno, nelle decine di migliaia di arresti di ogni anno, dei quali tutti i cittadini possono avere conoscenza grazie ai mezzi di informazione", conclude la nota.

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